Dopo venti (venti!) anni il processo per la pretesa trattativa Stato-mafia si conclude con una assoluzione definitiva “per non aver commesso il fatto” per gli ex ufficiali del Ros Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno e per l’ex senatore Marcello Dell’Utri.
Che questo improbabile feuilleton processuale fosse una “boiata pazzesca” aveva titolato il quotidiano Il Foglio dieci (dieci!) anni fa pubblicando un saggio di Giovanni Fiandaca e già a porre a confronto la figura del Professore con quella degli epigoni dell’osceno patto perfino chi alla lettura di codici e pandette preferisce la visione pomeridiana dell’agenzia matrimoniale della De Filippi avrebbe potuto agevolmente pronosticare l’esito di ieri.
Insomma, al fin della licenza “in nome del popolo italiano” si sentenzia che la trattativa non esiste, non c’è mai stata. Però c’è un però: a decine in questi venti anni sulla suddetta trattativa si sono costruiti carriere nei giornali e nelle istituzioni. Auspicare una Norimberga per costoro appare eccessivo a noi anime belle del garantismo. Ma la vicenda segnala, ove mai ve ne fosse necessità, l’urgenza di mettere mano, finalmente, ad una riforma della Giustizia che restituisca a questo nostro disgraziato Paese non dico la separazione dei poteri di Montesquieu, ma uno stato di diritto degno di questo nome. Se non ora quando urlavano qualche anno fa nelle piazze quelli che volevano tutti in galera. Hai visto mai che lo slogan possa recuperarsi oggi per una battaglia di civiltà.
Aggiornato il 29 aprile 2023 alle ore 11:51