Questo non vuole essere uno sfogo né l’embrione di una futura polemica. Ma qualcuno dovrebbe spiegarci perché l’Ordine nazionale dei giornalisti si ostina a vessare con minacce di multe, sanzioni e sospensioni dallo stesso tutta quella schiera di giornalisti che, ormai superati i 60 anni di età, si trova molto spesso nella condizione di essere senza lavoro e in attesa della guadagnata pensione, che per fortuna adesso sarà erogata dall’Inps, e che magari – come chi scrive – è nella condizione di vedovo, quindi nella fase durissima di elaborazione di un lutto improvviso e inatteso.
Mi riferisco alla vexata quaestio dei crediti formativi: online, in presenza o in qualsivoglia altra modalità. Uno può capire che questi crediti formativi, spesso grotteschi oltre che inutili – talvolta il credito formativo, da me in passato seguito, è consistito in un comizietto para deontologico di un qualche sindacalista – possano servire a chi si trova all’inizio o nel bel mezzo di una carriera, che peraltro sarebbe consigliabile di lasciar perdere subito, prima che sia troppo tardi, visto che il futuro sembra essere in mano alle intelligenze artificiali (e ai deficienti al naturale).
Persone che ormai aspettano solo la pensione ed eventualmente la morte, che vivono nel dolore e del dolore che la vita può elargirti, con lezioni esistenziali che valgono come migliaia di questi crediti formativi, perché devono sentirsi in colpa ed essere richiamati all’ordine da questi colleghi che godono, evidentemente, nello svolgere le funzioni dei feroci burocrati della legge Melandri?
Ma perché i giornalisti non pensano a sopravvivere e a tentare di fare sopravvivere il loro lavoro, invece che prendersela con i loro colleghi o ex tali, che oramai sono diventati anziani? Se qualcuno sa dare una risposta razionale, sarà il benvenuto.
Aggiornato il 27 aprile 2023 alle ore 09:26