Così non ci siamo. Chi mai avrebbe immaginato che sotto un governo di centrodestra la questione dei migranti irregolari potesse sfuggire di mano? I numeri degli sbrachi, in questo scorcio del 2023, sono terrificanti.
Dai dati del Viminale apprendiamo che al 18 aprile sono sbarcati in Italia 34.327 immigrati irregolari. Nessun paragone è possibile con gli anni precedenti se solo si considera che lo scorso anno, alla stessa data, dal 1 di gennaio erano giunte illegalmente in Italia 8.642 persone. Ai ritmi impressi al traffico di esseri umani dall’inizio del 2023 il nostro Paese rischia di non farcela. La sinistra italiana finge di non capirlo. D’altro canto, è facile fare i buoni e professare l’accoglienza illimitata quando non si ha la responsabilità della tenuta sociale ed economica dell’Italia. L’opposizione al Governo Meloni ha scelto d’interpretare la parte in commedia della vergine violata pur di provocare quel caos funzionale alla rottura del patto di fiducia, che nonostante tutto, finora ha retto tra Governo e cittadini. Eppure, sarebbe fin troppo comodo per la maggioranza piangersi addosso accusando l’opposizione di voler destabilizzare il Paese. Che la sinistra sia congenitamente contraria a sostenere l’interesse nazionale è fatto stranoto e che ricorra a tutti gli espedienti per ingenerare caos è questione ugualmente acclarata. Tuttavia, ciò che gli italiani si aspettano dal centrodestra è che mantenga le promesse, fatte in campagna elettorale, su un efficace contrasto all’immigrazione illegale. E neanche può funzionare come giustificazione la sterile lamentazione sulla sordità dell’Europa alle richieste italiane di sostegno alla gestione dell’accoglienza. L’Europa, è bene ribadirlo, su questo terreno non c’era, non c’è e non ci sarà.
Anche il presidente Sergio Mattarella se ne faccia una ragione, visto che le sue parole sulla modifica delle norme comunitarie in materia di prima accoglienza non hanno alcun impatto presso gli altri Stati. I Paesi partner dell’Unione europea – tutti, nessuno escluso – non condividono la generosità a buon mercato spesa dalle autorità nostrane su questo fronte. Gli altri – tutti gli altri – i migranti economici, giunti irregolarmente sul suolo europeo, non ce li vogliono a casa loro. E hanno ragione a non volerli. Perché, da che mondo è mondo, a casa d’altri si va se si è invitati, non ci si impone forzando la mano. E quando ciò sciaguratamente accade, il rischio di una sostituzione etnica a lungo andare diventa concreto. Si obietterà: ma se non li accogliamo, questi poveracci rischiano la morte tra le onde del Mediterraneo. È vero, stringe il cuore vedere le scene strazianti di disperati che annegano. Tuttavia, uno Stato non può subire ricatti morali dagli spietati criminali che sulle coste nordafricane e turche hanno messo in piedi, pressoché indisturbati, un lucrosissimo traffico di esseri umani. Pur con tutta la comprensione di questo mondo, non possiamo favorire gli interessi criminali di una schiera di delinquenti senza scrupoli. Qualcuno, senza pudore, ha avuto l’ardire di sostenere che chi sbarca sulle nostre coste non costituirebbe un problema perché la sosta in Italia sarebbe solo una tappa di transito verso le mete desiderate che sono i Paesi del Nord Europa. Falso e scorretto. I nostri partner continentali hanno steso un cordone sanitario intorno ai confini con l’Italia grazie al quale non consentono di passare ad alcuno che non abbia un diritto legalmente riconosciuto di varcare le frontiere interne. Basta andare a Ventimiglia per rendersi conto di quanto la democraticissima Francia sia sensibile al tema dell’accoglienza, per non dire della Spagna socialista che non si fa scrupolo di sparare su chi prova a entrare clandestinamente nel Paese. E non è stato forse un Governo di sinistra, in Danimarca, ad avviare un negoziato con il Ruanda – al momento temporaneamente sospeso – per l’esternalizzazione di un centro di asilo dove inviare i migranti in attesa di permesso di soggiorno?
Giorgia Meloni in campagna elettorale ha detto di voler applicare, una volta approdata al Governo, il blocco navale per impedire gli arrivi dei barconi. D’accordo che fare l’opposizione è un conto e governare è altra cosa, ma non ci si può rimangiare la parola data agli elettori. Serve dirlo, perché è forte la sensazione che la “Meloni di governo”, per venire a capo del problema, faccia eccessivo affidamento sul dialogo con Bruxelles. Lo diciamo chiaro: non si aspetti alcun intervento provvidenziale dalle Commissione europea perché, di là dalle tante belle parole di solidarietà che si sono sprecate in questi ultimi tempi, non arriverà alcun aiuto. Perciò, prendiamo atto che ci tocca fare da soli. Con quali strumenti? La conversione in legge del cosiddetto Decreto Cutro (d.l. 10 marzo 2023, n. 20) è un buon primo passo. È scritto bene e l’idea in esso contenuta di contrapporre il sistema dei flussi regolari di immigrati al traffico criminale gestito dalla malavita è ottima. Purtroppo, però, ha i suoi tempi per andare a regime e produrre risultati positivi.
Intanto, l’opposizione sale sulle barricate per tentare di mantenere nel nostro apparato normativo quell’artificio giuridico che è la “protezione speciale” per gli immigrati. La maggioranza, grazie a dio, ha fatto muro per eliminarlo. Ma di cosa si tratta? Fu il Governo giallo-rosso del Conte bis a inserire (legge 173/2020) una nuova categoria di protezione umanitaria che avesse lo scopo di neutralizzare ogni tentativo successivo di implementare una seria politica dei rimpatri degli immigrati non aventi diritto a essere accolti. Cosa prevede la protezione speciale? È il permesso di soggiorno che lo Stato, attraverso la Commissione territoriale competente, rilascia al cittadino straniero al quale non sia stato precedentemente concesso asilo o al quale non sia stato riconosciuto lo status di rifugiato ai fini dell’ottenimento della protezione sussidiaria prevista dalla normativa europea. La protezione speciale impedisce l’espulsione e il respingimento dell’immigrato verso uno Stato in cui questi sarebbe oggetto di persecuzione, di tortura o di trattamenti umani degradanti per motivi di razza, di orientamento sessuale, di identità di genere, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali. Tale permesso di soggiorno, negli intendimenti del legislatore, è connesso alla tutela dell’unità familiare e della vita privata del richiedente. Con tale escamotage il Governo dei progressisti ha di fatto eliminato ogni possibile sbarramento all’ingresso in Italia di chiunque volesse accedervi pur senza averne diritto. Bene allora che la maggioranza dimostri la sua granitica compattezza spazzando via con la ramazza una delle più spregiudicate iniziative adottate dalle sinistre per danneggiare l’interesse nazionale.
Bene anche il “Piano Mattei” per l’Africa, progetto sul quale il premier Meloni si sta spendendo moltissimo. Pensare di fornire assistenza finanziaria e operativa ai Paesi africani perché trattengano le giovani energie oggi in fuga verso l’Europa è una strategia vincente, destinata a dare frutti negli anni a venire. Il guaio è che l’assalto alle nostre coste è ora. È adesso che occorre fermarlo prima che si trasformi in una invasione. Al riguardo, nessuno ci toglie di testa che l’unica soluzione praticabile sia quella di trasferire gli hotspot sul suolo nordafricano (soluzione alla danese). È prevedibile, tuttavia, che gli irregolari provino ugualmente a venire da noi viaggiando da clandestini sui barconi. Ma quale effetto di deterrenza avrebbe per i potenziali migranti sapere che, una volta intercettati in mare o anche sulle coste italiane, verrebbero riportati in Africa? Si obietterà: la Libia è una polveriera per cui non è possibile concordare con l’inaffidabile Governo di Tripoli la creazione in loco di centri d’accoglienza. Ma c’è una Tunisia sull’orlo della bancarotta che chiede di essere aiutata finanziariamente dalla comunità internazionale per non andare in default. Non sarebbe per Tunisi un grosso prezzo da pagare concedere un lembo di terra perché vi si possa installare una struttura-filtro per l’emigrazione in Europa, finanziata dall’Unione europea e gestita dalle organizzazioni umanitarie delle Nazioni Unite. Se il flusso non può essere fermato, almeno può essere dirottato. Giorgia Meloni chieda all’Europa le cose che l’Europa può dare. E si sbrighi a farlo, che di tempo per impedire una catastrofe sociale ne è rimasto poco.
Aggiornato il 19 aprile 2023 alle ore 10:29