Rishi Sunak, etnia indù, è alto un metro e settanta, padre medico keniota e madre farmacista, nata in Tanzania.
L’emigrazione è stata la storia della sua famiglia, dal momento in cui i nonni erano arrivati dal Punjab in Africa orientale, e poi, con i figli, nel Regno Unito, dove il nipote Rishi è nato e ha studiato in due rinomati college. Laureato a Oxford, quando ha scalato la montagna politica non ha pensato alla sorte degli emigranti, ma è entrato nella rampa di lancio dei Conservatori, anche e soprattutto in virtù delle sue posizioni molto decise.
Ora che è primo ministro, con quella faccia dura e un po’ scura, propone al Parlamento di vietare l’asilo a chi “entra illegalmente” con i gommoni. Non solo, ma la proposta parla di carcere, deportazione in Ruanda e, naturalmente, preclusione a vita della possibilità di entrare in Gran Bretagna.
Ovviamente, per difendere la sua linea, il premier ha già immaginato uno scontro legale con l’Unione europea, quella dal volto umano, che chiama “migrante”, non “abusivo” chiunque abbia, però, la cortesia di arrivare nel sud del continente, e lì restare.
Sunak è dunque un cattivone, uno dall’aspetto giusto per fare l’indiano a ogni richiesta di aiuto da parte dei suoi fratelli. Che fanno rima, invece, con Elly, santa vera, anche lei immigrata, ma dalla Svizzera, terra di cinici che si comportano all’incirca come Rishi. A lei dovrebbero conferire la cittadinanza onoraria di Capalbio, palestra di democrazia e di accoglienza fatta di slogan coniati nelle tavolate vip dei villoni.
Forse, però, non lo fanno, perché lei è straniera, e magari conosce la geografia di Michigan e Cantone dei Grigioni meglio di quella italiana. E non sia mai dovesse scoprire che fra Crotone e l’Argentario c’è una distanza poco maggiore rispetto a quella che separa la turca Çeşme dalla accogliente Calabria: dunque, si potrebbe trasformare l’Ultima spiaggia in un centro accoglienza profughi.
Tranquilli, la prossima stagione balneare non sarà a rischio, gli ombrelloni sono già tutti prenotati, in particolare quelli attigui ai parasole dei politicanti caritatevoli. Come dire, cari afghani, qui vi si ama tutti, ma sfortunatamente siamo al completo.
Gli italiani sarebbero anche brava gente, peccato che, da quando la propaganda politica è fatta di accuse all’avversario invece che di proposte concrete, si vive di ostaggi, che sono morti, bambini, bambini morti, famiglie distrutte, storie raccolte da giornalisti che scrivono a tema per paura di andare fuori tema, come gli scolaretti. Invece di polemizzare bisogna fare di tutto, e tutti insieme, perché nessuno muoia, mai: dunque, niente proclami, solo concretezze.
Perché continuando così l’essere umanitari si risolve solo in polemiche sterili, di cui l’Europa si approfitta per addossare all’Italia tutti gli oneri dell’immigrazione: in fondo siamo noi che ci flagelliamo per non accogliere abbastanza, per non riuscire a fare tutto quello da cui gli altri si considerano esentati.
Un rimedio ci sarebbe: smetterla con la capalbietà. E discutere sulle cose, non speculando sulle azioni dell’avversario, ma creando una tregua politica per motivi realmente umanitari. E per non porgere più il fianco alle prese in giro dei nostri amici centro-europei. In greco, Elly vuol dire “verifica”. Be’, ci pensi.
Aggiornato il 10 marzo 2023 alle ore 10:16