Pur essendo liberal-giallorosso, sono ancora in possesso della mia individualità, la qualcosa apparirà strana, visto che il tifo annebbia ineluttabilmente i neuroni sino all’idiozia militante ed alla sconoscenza di sé. Gustave Le Bon ci spiegò in maniera nitida la psicologia delle folle, dimostrando che l’individuo all’interno di un’orda vociante perde del tutto se stesso e la capacità di distinguere, criticare, valutare.
Fascismo, comunismo e nazismo fecero tesoro di siffatto meccanismo di alienazione da contatto, presentandoci lo spettacolo colloso, orrendo ed osceno delle folle oceaniche.
In Occidente, la politica si è in parte liberata da tale strumento, benché tra i postcomunisti ed i grullini prevalga ancora la tentazione di fomentare masse marcianti, gorgoglianti e strepitanti.
È soprattutto nel football, però, che Gustave Le Bon fa ancora scuola.
Mi viene in mente José Mourinho, allenatore probabilmente in declino, eppur capace di interpretare il ruolo di Duce dei romanisti, da costui trattati, appunto, come soggetti potenzialmente facili da intruppare, eccitare, drogare a coristi, distraendoli, così, dalla realtà di una squadra assai costosa, eppur priva di continuità e, quasi sempre, orfana di geometrie apprezzabili o, come dicono gli addetti, di “gioco”.
La Roma perde con la penultima in classifica? Ecco, allora il Duce delle “decisioni inderogabili” che dichiara guerra agli arbitri, al quarto uomo, al destino cinico e baro.
Riesce pure a farsi espellere, erigendosi a vittima del complotto plutogiudaicomassonico e della perfida Albione, facendo dimenticare alla folla romanista di tifare per una squadruncola e per un allenatore sul viale del tramonto.
E la massa romanista, rintontita a dovere, invece di chiedersi perché Davide Ballardini, stipendio da pane e mortadella, abbia dato una lezione di calcio ad uno da sette milioni netti l’anno, accorrerà compatta e plaudente all’Olimpico.
Aggiornato il 04 marzo 2023 alle ore 13:11