Fino a ottobre siamo nel centesimo anno dalla nascita del Partito liberale italiano che, dal 1994, si era – per così dire – eclissato. Piccolo frammento nell’Italia del suffragio universale e delle organizzazioni di massa, “sospeso” dalla parentesi fascista e poi da quella populista seguita a Tangentopoli, pur se solo lambito dalla stessa, ha donato i suoi maggiori esponenti a Forza Italia, ovvero Antonio Martino e Alfredo Biondi.
Forza Italia si presentò come un partito liberale di massa. Si ricordi, a tal proposito, Giovanni Malagodi il quale, nella fase dell’opposizione al primo schieramento di centrosinistra, quando quel collocamento sembrò avviare il Pli a nuovi progressi, in un opuscolo intitolato Massa non massa chiarì come un autentico Partito liberale non sarebbe mai potuto essere “di massa”. Infatti, anche nel caso in cui riuscisse a totalizzare la maggioranza assoluta nelle urne e nei seggi parlamentari, otterrebbe i voti di individui liberi, quindi refrattari alla massificazione.
Tuttavia, pure chi scrive, per contribuire a bloccare la “gioiosa macchina da guerra” comunista, che avanzava dopo la demolizione del quadro politico liberal-democratico da parte di settori marxisti della magistratura, fondò un club di Forza Italia. E oppose un netto rifiuto solo a comprare le cravatte, perché anche il cattivo gusto ha un limite. In quei circoli si mobilitò tutta una borghesia di professionisti – liberi o dipendenti, imprenditori agricoli e industriali, commercianti e quant’altro – che fino a quel momento non aveva avuto una vita politica. Infatti, la partitocrazia si era stretta in assetti oligarchici. Da quei cenacoli sarebbe potuta nascere un’organizzazione partitica in forme nuove. Questo, però, avrebbe portato Silvio Berlusconi a doversi guadagnare il consenso sulle scelte delle strutture del movimento. Non volle rispondere a nessuno: è un imprenditore e il partito non è mai nato.
Un impresario deve reagire immediatamente all’orientamento del mercato, non può aprire discussioni. Anche quella risvegliata borghesia comprese di non contare nulla. Tornò ai propri impieghi. Rimase elettrice, ma il partito non nacque. Adesso, nel Lazio, Forza Italia ha ospitato nelle sue liste i candidati del Partito liberale italiano. Auguri ad Alberto Aschelter e Lucrezia Bucci. Sosteniamoli. Vale la pena, perché sono validissimi. Sono stati scelti non da un capo ma da un partito vero, che si è espresso. Quel partito, il vecchio Pli, è la struttura dei liberali della Destra, l’unica e reale. E vi si può militare. Questo è il futuro che dovrebbero coltivare anche e soprattutto i Conservatori al Governo della democrazia liberale. Capito?
Aggiornato il 27 gennaio 2023 alle ore 10:17