Onestamente a noi non interessa un fico secco che Giuseppe Conte vada a fare una lussuosa vacanza a Cortina o che il sindaco di Roma Roberto Gualtieri trascorra qualche giorno in quel di Cuba. Non ci scandalizzammo per il lusso radical chic di Capalbio (con annesse cucce milionarie) e non ci scandalizzeremo mai per chi decide di disporre liberamente delle proprie risorse. Non è uno scandalo avere un tenore di vita alto, non è una colpa ma solo l’aspetto positivo di un impegno gravoso che porta buoni frutti.
La doppia morale invece un po’ ci turba: premesso che secondo noi la verità spesso non esiste ma ci sono solo diverse versioni della stessa menzogna, il falso pauperismo e l’egualitarismo baciapile è un arnese retorico che appartiene alla cassetta degli attrezzi gauche, una verità che in certi ambienti è quasi un dogma. Scivolare su questa buccia di banana, inciampare sulle proprie stesse regole è una roba ingenua tanto quanto incoerente. Ciò soprattutto dopo aver sparato a zero (cercando di azzerarla) sulla ricchezza altrui definendola cafona, irrispettosa verso chi soffre e ingiusta. O lo ricordiamo solo noi lo slogan che campeggiava sui manifesti del Partito di Fausto Bertinotti? (“Anche i ricchi piangano”, ndr) O le ricordiamo solo noi le leggi sul conflitto di interessi?
L’incoerenza è un elemento che – soprattutto in questi ultimi tempi – sembra abbia preso la residenza a largo del Nazareno. Le vicende congressuali sono un clamoroso esempio di quanto andiamo affermando. Dopo sei mesi circa dall’inizio del dibattito propedeutico al congresso, ciò che oggi ancora attanaglia gli indomiti statisti democratici è l’inutile diatriba intorno alle regole del voto. L’efficientissima macchina organizzativa si interroga sul sesso degli angeli il pomeriggio, mentre la mattina viene a dirci che l’elaborazione politico-programmatica dell’attuale maggioranza è pericolosamente inconsistente alla luce dei grossi problemi economici, internazionali, politici, climatici e sociali esistenti. È anche vero che quello dell’allarmismo disfattista quando sono all’opposizione e del trionfalismo quando sono in maggioranza è un antico vizio che tuttavia andrebbe coltivato con più efficacia comunicativa. E invece di utilizzare il proprio congresso di partito per passare dalla (finta) denuncia alla (finta) proposta, pensano bene di aprire una pubblica battaglia sul voto on-line o in alternativa sul voto in presenza.
Dibattito surreale che ha una rilevanza meramente interna: Stefano Bonaccini, che è un “fricchettone” vecchio stile, non è certo attrezzato a fare una battaglia da grillino all’interno della piattaforma Rousseau, dato che la cosa più innovativa che ha fatto è il cineforum nel ’68.
Dal canto suo, Elly Schlein, una figlia di papà che probabilmente una sezione di partito non l’ha mai vista, non è radicata sul territorio e quindi spinge per buttarla sul voto on-line d’opinione finalizzato a pescare qualche “sardina” buona ad allungare il brodo dei consensi.
Per il resto il nulla o – per dirla come Luigi Zanda – “un declino spaventoso” e a tratti “ridicolo” come lo definisce Pierfrancesco Majorino.
In questo limbo qualche proposta last minute arriverà a mo’ di paravento buono per nascondere il nulla cosmico. Resta il fatto che la narrazione democratica manchi di buon gusto (e forse anche di furbizia): quelli provenienti dalla scuola di Frattocchie non avrebbero mai agito in questo modo: Peppone era intimamente credente ma, per distinguersi da Don Camillo, giocava a fare l’ateo.
Aggiornato il 13 gennaio 2023 alle ore 11:39