Moneta legale: articolo 693 del Codice penale

La diatriba sull’uso del contante o della cosiddetta moneta elettronica assume una rilevanza giuridica, economica, commerciale e politica molto più significativa di quanto si possa pensare.

L’uso del termine moneta elettronica è una forzatura. Ad oggi non esistono banche centrali che emettono “moneta elettronica avente corso legale”. Il termine corretto che si dovrebbe adottare è quello di “strumenti alternativi di pagamento”.

Gli strumenti alternativi di pagamento rispetto alla moneta legale a “corso forzoso” sono meri surrogati della moneta. Le stesse criptovalute nascono idealmente come strumenti alternativi di pagamento. Gli assegni bancari, altrimenti detti in tecnica bancaria “moneta bancaria”, sono considerati anch’essi uno strumento di pagamento. Infatti il commerciante può rifiutare il pagamento con un assegno bancario che potrebbe risultare scoperto.

La moneta legale è invece un debito che ha lo Stato nei confronti dei legittimi possessori. La moneta legale a “corso forzoso” viene contabilizzata come debito pubblico dello Stato e può essere emessa solo da una banca centrale all’uopo autorizzata. Gli strumenti elettronici sono pertanto equiparabili a surrogati della moneta legale ed è quindi legittimo per il commerciante rifiutarne il pagamento, anche perché può comportare un costo per le commissioni che dovrà pagare alla società “privata” che gestisce il circuito della carta di credito o della carta di debito.

Per paradosso, per ragioni economiche, il commerciante avrebbe tutto il diritto di indicare due prezzi di vendita: uno per il pagamento in contante e l’altro con la carta di credito trasferendo sul consumatore l’onere della transazione. È il consumatore, che per il principio del contrasto d’interesse, deve sempre esigere il rilascio del documento fiscale obbligatorio. Può sussistere evasione fiscale solo se non si rilascia lo scontrino fiscale.

L’articolo 693 del Codice penale stabilisce che “chiunque rifiuta di ricevere, per il loro valore, monete aventi corso legale nello Stato, è punito con sanzione amministrativa fino a 30 euro”. La ratio della “disposizione in esame è diretta a tutelare il corretto svolgimento dell’attività commerciale e quindi garantire il bene pubblico del commercio”.

Il Ministero dello Sviluppo economico, con l’introduzione dell’obbligo del Pos e della relativa sanzione amministrativa fino a 30 euro nei confronti di commercianti, lavoratori autonomi e professionisti che si rifiutavano di accettare strumenti elettronici di pagamento, ha chiesto in merito un parere al Consiglio di Stato. Il massimo organo di giustizia amministrativa con parere n. 1446/2018 – depositato il 1 giugno 2018 – ha chiarito che “non è applicabile la sanzione pari a 30 euro per i commercianti o i professionisti che non accettano i pagamenti con carte di debito o di credito”.

Sono convintamente liberale e liberista e quindi per me ognuno è libero di scegliere come fare i suoi pagamenti. Chi vuole fare il pagamento con carta di credito o di debito deve essere libero di farlo. Lo stesso vale per gli operatori economici che hanno il diritto di accettare o meno “lo strumento alternativo di pagamento”.

A legislazione vigente, ex articolo 693 codice penale, il commerciante non può rifiutare il pagamento con moneta cartacea avente corso legale mentre ha il diritto di non accettare pagamenti alternativi che gli comportano ulteriori costi di gestione!

Aggiornato il 13 dicembre 2022 alle ore 09:38