Il Pd perde ma paga il cittadino
Il responso italiano delle urne non è stato gradito in Europa e nemmeno al partito della dirigenza italiana. L’acronimo Pd potrebbe anche intendersi come Partito dei dirigenti, soprattutto di Stato, ma anche di grandi aziende come banche e multinazionali. Un partito che non ha affatto passato la staffetta del comando agli esponenti dell’attuale maggioranza di governo e che, anzi, è pronto a combattere la vera opposizione che, certamente, non avrà luogo in Senato od alla Camera. La vera opposizione la faranno governatori, sindaci, amministratori locali, magistrati, dirigenti e funzionari delle Agenzie (delle Entrate con addentellati sul Territorio per intendersi), ordini professionali, giornalisti Rai come delle cosiddette “testate istituzionali” (Corriere, Repubblica, Stampa e compari vari), consorzi regionali ed associazioni di vario genere pronte a trascinare in tribunale qualsivoglia rappresentante dell’attuale maggioranza. Una opposizione che verrà combattuta con bastone e carota sulla pelle dell’uomo di strada, del cittadino reo d’aver votato contro i poteri consolidati. Certamente la situazione sarebbe stata di gran lunga di maggiore conflittualità se avessero vinto “partiti ribelli” come Italexit, Italia Sovrana e Vita: se fosse andata così il presidente della Repubblica avrebbe certamente congelato il risultato e d’imperio fatto un governo condiviso tra poteri “tecnici” italiani ed finanziari graditi all’Ue (l’Italia sarebbe stata commissariata col bene placet della Commissione europea).
Ma iniziamo con la carota al cittadino elettore che, per quanto abbia votato di testa sua, vede comunque ricevere un piccolo regalo clientelare dalle giunte milanesi e romane (dal duo Pd Sala e Gualtieri) che arbitrariamente, senza alcun parere contabile, riducono in alcune aree cittadine la tassa per i rifiuti urbani (la Tari): un modo per dire “avete visto? Avete votato male, ma il Pd comunque vi perdona ed abbassa a macchia di leopardo la tassa sull’immondizia, immaginate cosa vi avremmo regalato se fossimo rimasti a governare l’Italia; comunque vi abbiamo perdonato”. Questa arbitraria e clientelare riduzione non è certo sfuggita ad esponenti del centro-destra (anche qualcuno di loro pagherà meno Tari) ma temono di sollevare il polverone per paura di ledere gli interessi di bottega anche del loro elettorato. Così da un lato il Pd fa sconti risibili sui rifiuti urbani, ma dall’altro si prepara a fare guerra al governo su “flat tax”, eventuali riduzioni di Imu e Tasi, tagli ad aliquote varie e, soprattutto, timidi condoni e paci fiscali. Qualche esponente romano della cosiddetta destra nemmeno si vergogna a dichiarare: “Gualtieri m’ha ridotto la tassa sulla spazzatura, che mi frega capire perché lo ha fatto e se non ci sia sotto un evidente strafalcione contabile… mi sto zitto ed incasso”.
Ecco che la guerra al governo viene combattuta su tre fronti: quello europeo (la Francia che contrasta le scelte dell’esecutivo Meloni), quello interno burocratico (i veti di magistratura e pubblici funzionari) e non ultima la politica “bastone e carota” dei sindaci Pd.
Questi ultimi se da un lato tagliano la tassa sui rifiuti, dall’altro ordinano alle polizie locali d’operare con estrema durezza contro i cittadini che non aggiornano alla categoria euro i propri mezzi di locomozione e, soprattutto, inflessibilità con artigiani, commercianti e lavoratori autonomi (categorie dove si potrebbe annidare il consenso del centro-destra).
Così gli eletti in Parlamento del Pd sanno che verranno coadiuvati dai pubblici funzionari nel fare opposizione: infatti non è solo la componente di sinistra della magistratura ad interferire nella vita democratica, contro il governo eletto ci sono circa tre milioni e duecentomila dipendenti pubblici. Ovvero tutti coloro che giustificheranno all’utenza il rallentamento degli iter burocratici con dinieghi, lungaggini, scaricabarile, rimpalli di competenze ed ogni sorta di malfunzionamento che serva a convincere i cittadini che è colpa dei ministeri, quindi del governo. Il centro-destra si domanderà cosa fare e, probabilmente, non s’azzarderà ad andare contro i vertici burocratici, per quell’atavico timore del potere che caratterizza la cosiddetta destra di governo. Un timore della magistratura come dei docenti universitari, dei dirigenti generali, dei banchieri, degli intellettuali, dei giornalisti e, purtroppo, anche di neonati e neonate influencer e blogger.
Non dimentichiamo che nemmeno il caso Palamara ha indebolito la casta delle toghe, la storia che la magistratura abbia perso credibilità e potere è un qualcosa che si raccontano tra loro politici e giornalisti di centro-destra. Da persona cresciuta a Bari Vecchia, lo scrivente vi consiglia di non farvi processare in questo periodo, di evitare grane con l’Agenzia delle Entrate in questo momento, di non tirarsi addosso le attenzioni delle pubbliche amministrazioni. Perché, chi rema contro questo esecutivo sarà inflessibile ed estremamente pesante col cittadino. Il governo ha già visto l’alzata di scudi del Quirinale su innalzamento del contante e “flat tax”: segnale inequivocabile a fisco e banche che la politica non è cambiata. Che i cittadini non possono fare ciò che vogliono dei propri risparmi e che il rubinetto del credito rimane chiuso ai più (nel rispetto delle direttive bancarie europee).
Ecco perché l’opposizione gode sonni tranquilli, lasciando che il lavoro in trincea lo svolgano i pubblici funzionari: a questi ultimi è stato demandato il compito di provocare un incidente di percorso con la storia dei migranti, o magari un’intercettazione, insomma la costruzione di un qualcosa che giustifichi la caduta del governo.
Ecco che i fiumi carsici delle correnti della magistratura ora confluiscono tutti in Magistratura Democratica annunciando la “stagione di resistenza costituzionale al governo Meloni” (come si legge nel comunicato unitario). L’uscita delle toghe ha preso come scusa il blocco delle navi delle Ong, avvertendo il ministro dell’Interno (Matteo Piantedosi) che la magistratura italiana è ancora quella che processava Salvini, e che collaborava per far aprire a l’Aia un fascicolo per “crimini contro l’umanità” quando veniva fermata la Sea Watch capitanata da Carola Rakete (il padre vertice d’una sorta di finmeccanica tedesca e la madre parente dell’alto magistrato che processava Slobodan Milosevic).
La tanto agognata e promessa “pax democristiana”, surrogato contemporaneo della classica “pax romana”, non esiste più: rimane solo una sorta d’utopia edulcorata nei discorsi di qualche nostalgico della Prima repubblica. Con il 1992, la competitività politico-giudiziaria ha trascinato la normalità democratica in un vortice conflittuale: questo avvalora che l’alternanza tra destra e sinistra non avvenga in onore della volontà popolare, ma in forza di ingerenze del potere giudiziario, perché il vero dominus della politica si conferma il pubblico ministero. Quanto esposto è ben noto al guardasigilli Carlo Nordio che, oltre ad alternare le toghe, dovrebbe cercare di passare alla storia azzerando l’enorme contenzioso per liti che pesa sul cittadino comune. Infatti ogni lite, anche il più piccolo contenzioso, è oggi utile a chi vuole torturare il cittadino che non ha votato Pd. E siccome il voto è segreto, inflessibilità e durezza della pubblica amministrazione avranno nel mirino l’intero popolo italiano.
Aggiornato il 19 novembre 2022 alle ore 10:42