Il pacifismo che non cambia

Il pacifismo all’italiana non cambia mai. Sono abbastanza vecchio da ricordare le manifestazioni per la pace del secolo scorso. Grondavano violenza, e non solo verbale. Ma indovinate contro chi? Contro l’imperialismo; contro il capitalismo; contro l’America.

Lasciando da parte i manifestanti in buona fede, i pacifisti confessati e comunicati in ogni senso, troppi altri hanno sfoderato un pacifismo di fatto antipacifista. Hanno prevalso le untuose parole del più trito vocabolario degli anni Settanta. I marciatori, invece di dirigere idealmente su Mosca, hanno passeggiato nel centro di Roma, girando intorno alla Grande Bellezza quanto intorno alla questione principale. Ha giovato a qualcuno la marcia dei benintenzionati, ma non agli Ucraini. Ai Russi, invece, sì. Il sanguinario Vladimir Putin avrà gongolato vedendo che qualcosa di interessante per lui inizia a muoversi nell’Occidente depravato, eccettuati ovviamente i manifestanti per la pace. I quali gridano pace per tutti, sia chiaro: pace per gli assassini e gli assassinati, per i bombardati e i bombardatori, per i deportati e i deportatori, per i derubati e per i ladri, per le stuprate e per gli stupratori, per gli orfani e per gli uccisori dei loro genitori. Il pacifismo non è discriminatorio, ma egualitario come si conviene ad un movimento sinistro e progressista.

Questi pacifisti amano includere tutti e condividere tutto, anche l’equidistanza tra bene e male. Infatti, il punto è proprio questo: il pacifismo di marca pacifista non parteggia. Non desidera confondersi con il pacifismo antipacifista che invece distingue ostinatamente tra il bene e il male. Sposa il bene e respinge il male. “Tacciano le armi! Tregua subito!” invocano i pacifisti rivolti a chi? Ma ovvio, a entrambi i contendenti, agli aggressori e agli aggrediti affinché nessuno di loro abbia a dolersene. Parità di trattamento, soprattutto.

La Nato infame continua a fornire armi pericolose per gli invasori. Ciò è inaccettabile perché la fornitura determinerà la loro morte, che sarebbe per contro scongiurata se gli aggrediti fossero inermi. Un pacifista umanitario ha aspettato invano lo sbandieramento massivo delle bandiere dell’Ucraina. Nell’attesa chiedeva ai manifestanti a quando l’irruzione dei profughi ucraini con il vessillo giallo-blu della patria. Lo hanno rampognato per la sua insensibilità. Il loro pacifismo non tollerava bandiere diverse dall’arcobaleno della pace, da quelle sindacati, delle associazioni, delle Ong, delle Onlus, delle congreghe, dei collettivi. La bandiera ucraina avrebbe stonato.

Il pacifismo buono ha trionfato, mentre le bombe cadevano altrove. La guerra continua, insensibile ai pacifisti.

Aggiornato il 08 novembre 2022 alle ore 10:14