Il “merito” e la scuola italiana

Aver modificato la denominazione del Ministero della Pubblica Istruzione e dell’Università con “Ministero dell’Istruzione e del Merito”, da parte del nuovo esecutivo, può assumere un significato realmente rivoluzionario, a tutti i livelli, per il nostro sistema di formazione.

La fuga dei cervelli italiani verso altri Paesi è la naturale conseguenza per il fatto oggettivo che in Italia il merito non è tenuto in considerazione. La critica della sinistra che ha attaccato il governo sul merito nella scuola ha riportato il problema della scuola italiana, di ogni ordine e grado, all’ordine del giorno del dibattito politico. La causa scatenante, pensate, è stata il mero cambio di denominazione sociale del Ministero dell’Istruzione. Al centro della discussione è stato posto il merito come se fosse un sostantivo che discrimina piuttosto che esaltare l’essenza stessa della formazione scolastica, ovvero valorizzare le capacità degli studenti premiandoli per il loro impegno.

Cambiare il nome ad un dicastero così importante non risolve certamente nessuno dei problemi del degrado nel quale è caduta la scuola italiana ma può significare, in prospettiva, un cambio di passo. Insegno da quarant’anni in una scuola secondaria superiore e ho vissuto direttamente i risultati delle pseudo-riforme che sono intervenute negli anni e che, a mio modesto parere, hanno contribuito alla attuale, non proprio brillante, situazione della scuola italiana.

La scuola è da anni un ambiente dove convivono docenti votati alla missione di educare, senza alcun risparmio di impegno e volontà, e altri insegnanti che svolgono la loro funzione limitando il loro lavoro ai doveri d’ufficio. Non posso biasimare i colleghi educatori che si limitano a quanto è loro prescritto dal contratto di lavoro. Nella scuola di oggi i docenti sono costretti, da “dirigenti scolastici”, diventati manager ex lege con la riforma della “buona scuola”, spesso senza averne le competenze, ad una pletora di riunioni che non hanno realmente alcuno scopo se non quello di tenerli impegnati in adempimenti extra scolastici che non hanno alcun costrutto.

Sapete quanti impegni burocratici ha un docente diversi dalle lezioni frontali con gli studenti? È occupato in collegi docenti, riunioni di dipartimento, consigli di classe, consigli disciplinari, le riunioni inerenti gli studenti diversamente abili, la compilazione di documenti riguardanti patologie che un docente non dovrebbe essere tenuto a conoscere. Questo delicato compito dovrebbe essere assegnato a chi (docenti di sostegno) ha acquisito una specifica abilitazione. La scuola e di conseguenza l’insegnante è oggi una sorta di babysitter degli studenti con l’avallo dei “dirigenti scolastici”.

Una vera riforma della scuola, veramente incisiva, sarebbe quella di riportare i docenti a fare realmente gli educatori e i dirigenti a fare i presidi, ossia ad essere dei primus inter pares. I docenti, stremati da attività non inerenti il loro lavoro primario, stanno letteralmente scappando dalla scuola utilizzando qualsiasi forma di pensionamento previsto. Chi ha scelto di fare l’insegnante vuole soltanto fare il professore!

Aggiornato il 07 novembre 2022 alle ore 09:27