Le tre presunzioni anti-liberali predilette dalla sinistra

Colpevolezza, contagiosità ed evasività

Colpevole fino a prova contraria; contagioso fino a tampone contrario; evasore fino a prova contraria: queste le tre presunzioni anti-liberali su cui si regge gran parte del pensiero dell’attuale sinistra italiana in tutte le sue varie declinazioni, da Articolo 1 al Movimento Cinque Stelle passando per il Partito Democratico e tutta la galassia dei gruppuscoli minori. Per decenni la sinistra italiana ha ribaltato il buon senso giuridico, la lettera e lo spirito dell’articolo 27 della Costituzione, che riconosce e sancisce il principio della presunzione di non colpevolezza in funzione strumentale contro i propri avversari politici e in nome di una equivoca moralità della politica. Fin dai tempi di Tangentopoli e soprattutto dopo il conseguenziale avvento del berlusconismo, infatti, la sinistra italiana ha sempre ipotizzato che l’avversario – anche soltanto indagato – fosse aprioristicamente responsabile delle accuse mossegli, intraprendendo campagne pubbliche di demonizzazione, processi mediatici paralleli a quelli giuridici e, soprattutto, invocando sempre e comunque le dimissioni del rivale indagato di turno.

Il principio della presunzione d’innocenza così radicalmente negato, insomma, ha ceduto il passo nella mentalità e nel comune sentire dell’elettore medio, del sostenitore e del simpatizzante di sinistra, al principio della presunzione di colpevolezza, non soltanto ravvivando i tizzoni del giustizialismo sempre ardenti al di sotto della cenere della contesa politico-elettorale, ma a tal punto ossequiato da venir applicato – come le purghe staliniane – perfino agli stessi esponenti della sinistra, di cui, fra i molteplici esempi possibili, non si possono non ricordare il caso di Filippo Penati, ex presidente della Provincia di Milano del Pd, sospeso dal partito sebbene poi assolto, o il caso di Ottaviano Del Turco, ex presidente della Regione Abruzzo del Pd, anch’egli assolto dopo essere stato costretto alle dimissioni.

Secondo la medesima logica e l’identica modalità, con l’avvento della pandemia le stesse forze di sinistra hanno adattato la presunzione di colpevolezza trasformandola in presunzione di contagiosità, così che bisognava provare di non essere contagiati e contagiosi attraverso il tampone e/o il Green pass. Con l’avvento della pandemia, gestita da governi sorretti dal Pd e dalle forze progressiste, tutti i cittadini sono stati considerati malati e infetti fino a prova contraria, attribuendo a livello individuale e collettivo a ciascuno e a tutti l’onere di provare il contrario – cioè di essere sani – per il godimento e l’esercizio di quei fondamentali diritti (circolazione, lavoro, istruzione, culto) che però la Costituzione riconosce e tutela a tutti e per tutti, a prescindere dalle condizioni personali e sociali in cui ciascuno versa.

Come la gestione giudiziaria delle accuse rivolte ai propri avversari ha ribaltato il principio di presunzione d’innocenza nel principio di presunzione di colpevolezza secondo il quale non deve essere più l’accusa a provare le proprie tesi, ma deve essere l’accusato a comprovare la propria estraneità ai fatti di cui è imputato, così la gestione della pandemia ha sacralizzato e ufficializzato il principio di presunzione di contagiosità secondo il quale la libertà personale poteva essere goduta soltanto dopo aver pubblicamente dimostrato la propria “estraneità ai fatti pandemici”, cioè soltanto dopo aver provato la propria immunizzazione o la propria salubrità secondo logiche e oneri che, tuttavia, la Costituzione non assegna al singolo cittadino (svista madornale di quasi l’intera comunità dei costituzionalisti italiani auto-ridotti sostanzialmente – per motivi ancora inspiegabili e ignoti – a meri ratificatori formali delle decisioni del Governo, anche di quelle più strampalate o palesemente anti-giuridiche).

Sulla stessa scia della presunzione di colpevolezza e della presunzione di contagiosità, la maggior parte degli esponenti, dei sostenitori, degli elettori, dei simpatizzanti delle forze progressiste italiane crede e predica anche in favore della presunzione di evasività (che entro certi termini potrebbe essere considerata una declinatio minor della presunzione di colpevolezza) secondo cui il singolo cittadino è un soggetto naturaliter criminalis per cui bisogna in qualunque modo restringere la sua capacità di detenere, maneggiare e utilizzare somme di denaro contante che possano frenare il suo essere sempre e comunque capax fraudis.

Da qui e soprattutto da questa solida convinzione delle forze progressiste – ovviamente supportate in ciò dall’intero mondo dell’intellighenzia colta, sottile e raffinata che intorno ad esse orbita seduta nei salotti televisivi o nei consigli di amministrazione di grandi imprese e multinazionali – le polemiche sull’idea di poter innalzare il limite del valore dei pagamenti effettuabili in contante. Anche in questo caso, ovviamente, la realtà è tutt’altro rispetto a ciò che le forze progressiste hanno delineato e continuano a delineare, come dimostra, tra i tanti esempi possibili, il fatto, oramai ben noto, che le banche dell’Unione europea – tra cui anche le italiane Mps e Intesa Sanpaolo – occulterebbero ingenti somme di profitti – tramite mezzi digitali e non sicuramente in contanti – in diversi paradisi fiscali sparsi in giro per il mondo.

In conclusione: le tre predette forme di presunzione non soltanto sovvertono principi, norme e realtà, ma evidenziano la mentalità tipica dell’homo progressivus, cioè una sua visione antropologica sostanzialmente negativa che diffida del prossimo, che vede nel prossimo il nemico, il ladro, il delinquente a prescindere dalla situazione reale, dalle circostanze, dalle evidenze, e diventano lo strumento non soltanto di fiumi di vuota demagogia che riempiono la stampa e i libri, ma anche e soprattutto la forma di legittimazione di sovversione dei più rudimentali principi giuridici e di compressione e soppressione, perfino, delle più fondamentali e naturali libertà dell’uomo.

In questo senso occorre, dunque, che le forze non progressiste, la cultura non progressista, la civiltà autenticamente liberale, resti in guardia a difesa di quelle garanzie giuridiche reali e concrete che le tre predette presunzioni tendono a distorcere ed elidere, almeno fin quando le forze progressiste saranno eticamente e noeticamente mature a sufficienza per comprendere i propri stessi errori e i propri stessi orrori.

Aggiornato il 03 novembre 2022 alle ore 09:44