L’operazione di allearsi coi grillini, finalizzata a fagocitarne buona parte del consenso, è riuscita brillantemente solo a Matteo Salvini nel 2018, senza tuttavia consentire al leader della Lega di ottenere l’obiettivo di Palazzo Chigi. Attualmente, dato che gli stessi grillini il consenso lo hanno in gran parte perduto, risulta più che velleitaria l’ambizione del Partito Democratico di Enrico Letta di ripetere in senso positivo la medesima operazione. In pratica, andando avanti di questo passo, del Movimento Cinque Stelle resteranno unicamente i gruppi dirigenti, ossia un esercito pieno di generali e con pochissime truppe. Un destino che, come ho già avuto modo di scrivere in passato, era già segnato sin dal loro ingresso nella stanza dei bottoni, dopo il clamoroso risultato ottenuto alle politiche del 4 marzo del 2018, dove il partito del vaffa fu votato da un italiano su tre. Un risultato stupefacente che si è realizzato, essenzialmente, in virtù di due fattori: l’essere nuovi, che in questo disgraziato Paese appare come un formidabile titolo di merito, e l’essere riusciti a suscitare in milioni di cittadini un livello di aspettative senza precedenti, anche grazie a un uso molto efficace della propaganda.
Di fatto, promettendo tutto a tutti e prospettando una infinita gamma di soluzioni semplicistiche per problematiche estremamente complesse, gli epigoni di Beppe Grillo hanno convinto buona parte degli italiani che, finalmente, sarebbe iniziata l’età dell’oro targata Cinque Stelle. Dopodiché, l’inizio della fine. Con il grottesco spettacolo inscenato da Luigi Di Maio, che dal balcone annunciava la fine della povertà, gli elettori che avevano prestato fede alle loro balle spaziali si sono gradualmente allontanati, decretando di fatto il rapido declino di un fenomeno politico che, dopo aver raccolto ogni forma di protesta, sembra aver perso qualsiasi credibilità agli occhi della cittadinanza.
Se poi a tutto questo aggiungiamo l’inevitabile poltronite dei suoi eletti, i quali avevano promesso di aprire il Parlamento come una scatola di sardine, e le estenuanti lotte intestine per il controllo di un partito oramai svanito, culminate con la sfida all’ultimo sangue tra Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri, non si comprende per quale motivo razionale un elettore, a cui era stato prospettato il paradiso in terra, dovrebbe ancora appoggiare una siffatta compagine di scappati di casa. Così come si fa fatica a comprendere quale valore aggiunto quel gran genio incompreso di Letta immagina di ottenere da una alleanza con una forza politica priva di un reale radicamento nella società e di una visione strategica di una qualche consistenza. Questo, sì, che è un vero mistero.
Aggiornato il 17 giugno 2022 alle ore 10:06