L’ode al Satrapo

Cinque anni. Sono passati cinque anni e quasi un’intera legislatura da quando scrissi – come già avevo fatto dal 2006 e prima ancora – che alla mortificazione dei Parlamenti sarebbe seguita un’involuzione democratica sostenuta dal mito dell’uomo forte (“un uomo solo al comando”, come si diceva per Fausto Coppi).

Eccoci qui. Il Parlamento, da più di due anni, si limita a ratificare le decisioni governative sulle quali, nella migliore delle ipotesi, interviene con modesti correttivi, buoni a placare l’elettorato di questa o di quella zona. Per altro verso, la deriva personalistica è un fatto consolidato. A molti piace Vladimir Putin non perché abbia ragione, ma per il dirigismo autoritario che esprime. A che cosa servono i Parlamenti quando sono sufficienti un direttorio o, meglio ancora, un uomo solo?

Abbiamo cominciato scrivendo il nome sui simboli elettorali di partito e urlando vaffa alle istituzioni fondanti la democrazia e guarda dove siamo arrivati: a cantare l’ode del Satrapo che, sprezzante di tutto (vita compresa), reagisce ai torti veri o presunti con la forza, idolatrato come un dio da molti. Quei molti tra i quali si annidano profanatori della scienza e terrapiattisti.

Aggiornato il 20 aprile 2022 alle ore 09:43