Bucha: le atrocità russe confermate da satelliti e testimoni

A Bucha, nel mese di marzo, c’è stato un autentico massacro. Brutali atrocità sono state commesse da soldati delle truppe russe di occupazione. Nella giornata di ieri le immagini dei satelliti e le testimonianze raccolte in loco da giornalisti occidentali indipendenti hanno confermato l’autenticità del filmato diffuso domenica dalle autorità ucraine. Sono stati così dissolti i dubbi residui di molti osservatori ed è stata smentita, in particolare, la versione “innocentista” di Mosca, secondo cui quel filmato sarebbe stato “una messinscena” dei servizi segreti ucraini. Nel frattempo, alla riunione di ieri del Consiglio di sicurezza dell’Onu, l’ambasciatore russo Vasily Nebenzya si è limitato a una difesa di ufficio, senza produrre alcuna delle “clamorose prove” annunciate alla vigilia che – secondo i russi – avrebbero dimostrato “l’innocenza dei soldati russi”.

E invece niente. Egli si è limitato a ripetere debolmente la tesi della “messinscena” proprio mentre questa veniva clamorosamente smentita ieri da varie riprese satellitari, tra cui una del 19 marzo (che abbiamo personalmente visionato) diffusa dal New York Times, che dimostra che quasi tutti i cadaveri sparsi su una strada di Bucha giacevano nello stesso posto del filmato già ben almeno undici giorni prima che i militari russi lasciassero la cittadina. Secondo altri filmati (che non abbiamo potuto visionare) erano lì dal 10 marzo. L’atrocità dei militari russi è stata poi confermata da varie testimonianze dei residenti raccolte ieri a Bucha da inviati europei e italiani, tra cui Francesca Mannocchi per La7. I residenti hanno raccontato ai giornalisti l’incubo da essi vissuto durante la permanenza dei militari russi: uccisioni di tutti coloro che osavano uscire di casa, esecuzioni a sangue freddo anche di donne e bambini, stupri, torture, violenze, requisizioni forzate.

È stato poi chiarito il mistero e dissolto i dubbi su quei cadaveri rimasti lì sul posto per molti giorni. Non erano in avanzato stato di decomposizione per le bassissime temperature e si sono conservati come fossero in una cella frigorifero. E non erano stati prelevati dalla strada e sepolti dai parenti, perché questi temevano che i soldati russi avessero nascosto mine anti-uomo tra gli abiti dei cadaveri. È una circostanza che conferma la sadica brutalità dei soldati russi che hanno occupato Bucha nel mese scorso. Ieri si è appreso anche il nome del tenente colonnello che comandava la piazza militare di Bucha. Il “boia russo” – secondo una notizia diffusa da InformNapalm (non confermata ma nemmeno smentita né da russi, né da ucraini) – ha un nome e un cognome. Si chiama Omurekov Azatbek Asanbekovich. Ha 41 anni e comanda l’unità militare 51460, 64esima brigata di fucilieri motorizzati. Non è esattamente un russo, ma apparterrebbe, come la maggior parte dei suoi uomini, alla minoranza etnica di origine mongola dei buriati. La Buriazia è una piccola Repubblica di un milione di abitanti situata nell’estremo oriente siberiano, che fa parte della Federazione Russa. L’ambasciatore russo, nel corso del suo intervento al Palazzo di Vetro di New York, si è limitato a respingere come “infondate” le accuse che – ha detto – “sono offensive per l’onore dei militari russi” e ha affermato che “i militari russi hanno l’ordine di non colpire la popolazione civile”. Tuttavia i fatti lo smentiscono.

Ieri stesso sono circolate notizie secondo le quali quanto accaduto a Bucha sarebbe avvenuto nelle scorse settimane anche in altre località ucraine occupate dai militari russi. Queste notizie sono venute da fonti ucraine ma hanno cominciato a trovare prime conferme nelle voci dei giornalisti indipendenti sul posto. Il sindaco di Mariupol ha detto che nella sua città è avvenuto di peggio. Uno dei negoziatori ucraini, Rustem Umerov, ha dichiarato che atrocità simili “sono avvenute anche a Chernihiv, Kharkhiv e altre città”. E ha aggiunto: “Non sappiamo cosa verrà fuori a Kherson e a Zaporizhzhia, che sono sotto occupazione”. Probabilmente nei prossimi giorni assisteremo a nuove e orribili conferme che Bucha non è stato un fatto isolato. Purtroppo, episodi simili sono avvenuti in tutte le guerre ad opera di militari fanatizzati ed eccitati di ogni nazionalità ed etnia. Non è questione di buriati o di russi.

Dovrebbe essere comunque chiaro che sono crimini di guerra non solo i massacri clamorosi come quelli di Bucha, ma anche qualsiasi attacco deliberato alle popolazioni civili. I russi in Ucraina stanno bombardando sistematicamente edifici e abitazioni civili e, in qualche caso meno frequente, anche ospedali e scuole. È difficile pensare che siano stati tutti “errori”, dovuti all’imprecisione dei missili, e non siano state invece azioni deliberate, finalizzate all’obiettivo di demoralizzare e terrorizzare la popolazione civile. Sarà difficile, tra l’altro, attribuire tutti questi episodi criminali a un comandante buriato o ceceno. I militari russi e lo stesso presidente Vladimir Putin saranno ritenuti oggettivamente corresponsabili.

Intervenendo ieri, in diretta da Kiev, al Consiglio di sicurezza dell’Onu, il presidente ucraino ha denunciato diverse atrocità commesse dai russi, ha accusato i russi di “genocidio” e ha chiesto l’istituzione di un tribunale speciale come avvenne per il processo di Norimberga. Ha chiesto anche che, per superare il prevedibile veto russo in Consiglio di sicurezza, la Russia venga “sospesa” dallo stesso organismo dell’Onu. Senonché il rappresentante della Cina (che come membro permanente ha il potere di veto) ha fatto capire che si opporrebbe, sostenendo che “non è ancora dimostrato chi abbia ucciso davvero quelle persone a Bucha”. Anche il rappresentante dell’India ha sostenuto la stessa tesi. Nel frattempo, però, continua l’inchiesta per crimini di guerra aperta al tribunale Internazionale dell’Aja.

Aggiornato il 06 aprile 2022 alle ore 11:57