La preside e l’alunno: aridatece Alvaro Vitali

La presunta liaison tra la preside di un liceo romano e uno dei suoi allievi a tutta prima, tocca ammetterlo, mi ha fatto ripensare, con più di un sorriso, a una di quelle commedie boccaccesche che noi nati negli anni Settanta sbirciavamo di soppiatto a tarda sera dagli schermi di qualche improbabile tivù privata. Poi però, archiviata l’inevitabile nostalgia al cospetto del tempo che scorre inesorabile, mi son dovuto rammentare che da ormai trent’anni pratico, ahimè, codici e pandette ben più che le docce di Edwige Fenech. Insomma, sarà la deformazione professionale che mi fa lambiccare su un paio di questioncelle.

Quale sarebbe, innanzitutto, l’interesse pubblico che giustifica la divulgazione di dati anagrafici e immagini della dirigente scolastica? E ancora, quale la norma che legittima la pubblicazione delle comunicazioni private che oggi fanno bella mostra di sé su tutti i quotidiani? E, soprammercato, come, in che forma e soprattutto da chi sono giunte quelle comunicazioni (non è dato allo stato comprendere se chat private o registrazioni telematiche, ma ci siamo abituati: con le frattaglie che si passano al giornalista amico, si fa vedere a chi occhieggia dal buco della serratura solo cosa fa comodo al più o meno ignoto elargitore del confidenziale cadeau) alle redazioni dei giornali? È questa la funzione sociale del giornalismo? Intanto che provate a rispondermi ridatemi Alvaro Vitali, ché in confronto a voi pare Cesare Beccaria.

Aggiornato il 01 aprile 2022 alle ore 18:10