Tre poveri luoghi comuni

Era inevitabile che, grazie alla libertà di pensiero e parola di cui godiamo nel mondo occidentale, persino sulla questione dell’aiuto da dare agli ucraini, se solo umanitario o anche in termini di materiale bellico, nascessero visioni diverse. Il guaio è che, mentre noi discutiamo, là si spara, si uccide e si viene uccisi. L’aspetto più grottesco e francamente sciocco, in tutto questo, è che su una parte della stampa e nei talk show coloro che si oppongono all’invio di armi all’Ucraina sottolineano, con sussiegoso fare pedagogico, la possibilità che ciò non faccia altro che prolungare la guerra e, di conseguenza, le devastazioni e le morti. Come dire, arrendetevi e non se ne parli più. Tuttavia la volontà degli ucraini stessi si muove in direzione opposta, e lasciarli senza armi e munizioni costituirebbe un pericoloso precedente capace di indurre Putin o altri a ripetere l’esperienza ucraina verso altri Paesi. Al contrario, l’invio di armi sta consentendo agli ucraini di resistere e di fiaccare l’avversario lasciando intravedere una conclusione meno favorevole per Mosca.

Ma sul tema si deve registrare anche l’opinione di Carlo Rovelli, un fisico il quale, contrario all’invio di armi, si lancia in un esempio decisamente traballante ma che, sono certo, può aver convinto qualche sprovveduto. Dice Rovelli: “Immaginiamo che un uomo grande e grosso stia aggredendo un giovane piccolo di statura: cosa fare?”. Rovelli scarta l’idea di mettere nelle mani del malcapitato un piccolo coltello perché, in questo modo, l’aggredito riuscirebbe forse a ferire leggermente l’aggressore ma costui, ulteriormente incattivito, finirebbe comunque per prevalere. Non so se Rovelli appartenga alla schiera dei pacifisti ma, come chiunque di noi, dovrebbe sapere che non esistono solo i coltelli ma anche le rivoltelle, passando una delle quali al giovane di cui sopra, le cose andrebbero diversamente. Costruire gli esempi e gli scenari in modo che la conclusione sia obbligatoriamente favorevole a chi li avanza è una vecchia strategia ingannevole che ha fatto il suo tempo.

C’è poi la sequela di argomentazioni che fanno riferimento alle malefatte degli eserciti occidentali, americani in testa, in varie parti del mondo. Cosa che, secondo alcuni, dovrebbe indurci ad astenerci dal giudicare ipocritamente le azioni di Vladimir Putin. Come dire, chi ha fatto del male, pentito o meno che sia, non ha il diritto di ribellarsi al male fatto da altri. Per cui, si vada pure indefinitamente avanti così, una volta gli uni e una volta gli altri, saltando a piè pari, fra l’altro, sulle differenze, le modalità e le motivazioni.

Infine, c’è la perla che furoreggia nelle posizioni di coloro i quali, intellettuali di sinistra in testa, non mancano di indicare nel desiderio di avvicinamento dell’Ucraina all’Europa e alla Nato la causa dell’invasione russa, assumendo dunque una sorta di implicita neutralità nei riguardi del conflitto. Sul piano storico è possibile che questa venga accettata come spiegazione, ma non giustificazione, verosimile, ma avanzarla ora significa semplicemente non essere in grado di aderire ad un sia pur minimo principio di realtà e alla responsabilità che ne deriva. In effetti, di fronte ad una invasione armata in atto, c’è la necessità di prendere una posizione precisa sugli effetti contingenti di quelle cause e non di presentare relazioni ad un dotto convegno di storici.

 

Aggiornato il 21 marzo 2022 alle ore 09:28