Anche se non aveste mai aperto l’ultimo dei libri che compongono il Nuovo Testamento, l’Apocalisse, scritta dall’apostolo prediletto da Cristo, Giovanni, certamente almeno per “cultura generale” saprete che quattro sono appunto i cavalieri dell’Apocalisse, uno dei quali, quello armato di spada e seduto in arcione a un cavallo purpureo, è proprio La Guerra. Insomma, ogni guerra è male, porta con sé rovina, morte, distruzione sin dall’alba dei tempi e con essa, perciò, è scontato che giunga la follia umana, la quale spinge a devastare anche le più belle opere dell’uomo e pertanto l’arte stessa. Così avvenne per l’Impero Romano, così il progetto del cavallo concepito da Leonardo da Vinci per Ludovico il Moro finì per essere bersaglio delle balestre e degli archibugi dei francesi invasori a Milano, così accadde per la rovina che i Lanzichenecchi diffusero per Roma alcuni decenni più tardi, così è stato poco tempo fa quando vennero distrutti i Buddha di Bamiyan e ciò che restava dell’antica cultura mediorientale in Iraq. La guerra non fa sconti a nessuno e non risparmia neanche le opere d’arte.
I bombardamenti alleati dell’ultima Guerra mondiale danneggiarono il Cenacolo leonardiano, distrussero il monastero di Cassino, lo stesso Ponte Vecchio a Firenze fu salvato proprio per amore dell’arte. Durante tutto l’ultimo conflitto bellico le opere che potevano essere rimosse e poste in salvo, al riparo da distruzioni – e da furti – vennero collocate altrove, al sicuro, in luoghi segreti. Questo ovviamente non sempre le salvò dalla loro scomparsa e infatti, dato che “nel torbido si pesca meglio” (per citare una frase del celebre film Operazione sottoveste di Blake Edwards), a tutt’oggi sono molte le opere d’arte, sia italiane che straniere, trafugate e scomparse durante il secondo conflitto bellico.
Orbene, ci si stupisce che adesso la Russia – lo apprendiamo da un lancio dell’agenzia Ansa – richieda la restituzione delle proprie opere d’arte all’Italia? Mi sembra il minimo sindacale. L’Ermitage di San Pietroburgo ha infatti preteso così la restituzione delle opere prestate per la mostra “Grand Tour. Sogno d’Italia da Venezia a Pompei” al Palazzo Reale di Milano e alle Gallerie d’Italia, entro la fine del mese. Dovrebbe quindi rientrare in Russia il dipinto Giovane donna con cappello piumato di Tiziano Vecellio, opera impagabile del grande artista cinquecentesco. Ma l’Ermitage ha chiesto la restituzione delle opere date in prestito anche alla Fondazione Fendi di Roma. Ovviamente il ministro della Cultura, Dario Franceschini, non ha battuto ciglio e ha anzi commentato di buon grado: “Sono due mostre organizzate dal Comune di Milano e dalle Gallerie d’Italia. Ma mi pare evidente che quando un proprietario chiede la restituzione delle proprie opere queste debbano essere restituite”.
Quindi, non si sgomenti né si turbi più di tanto chi ha visto la fotografia che qualche giorno fa ritraeva alcuni uomini intenti nel porre in sicurezza il Cristo di Leopoli, ciò è un fatto assolutamente normale, anche se l’immagine è straordinariamente rievocativa di un altro grande dipinto del nostro Manierismo, quella Deposizione sorta dal pennello di Rosso Fiorentino che è a Volterra. Immagini di ieri e immagini di oggi che diventano un’unica eterna icona del Bello che viene portato in salvo: Cristo in una tomba dalla quale risorgerà, segno che la vita avrà sempre la vittoria sulla morte.
Non turbatevi dunque, non sarà forse la Bellezza a salvare il mondo, ma certamente essa sopravviverà a ogni distruzione umana. E pertanto, per suo tramite, abbiamo ancora vita.
Aggiornato il 12 marzo 2022 alle ore 09:07