La cannabis blocca il Covid? Lo dice uno studio dello stato dell’Oregon

La cannabis blocca la possibilità del virus Covid-19 di infettare le cellule umane? Sarebbe l’uovo di Colombo. E se lo studio di due ricercatori dello Stato americano dell’Oregon trovasse conferma, sarebbe anche la fine di ogni pagliacciata No vax e complottista. Semplicemente si unirebbe l’utile al dilettevole. E lo Stato – invece che vaccinare tutti compulsivamente con risultati molto poveri dal lato del contagio (ma enormi da quello della prevenzione del disastro patologico degli infettati) – potrebbe distribuire gratis la marijuana a tutti i cittadini. Con grande detrimento delle narcomafie e con possibile grande soddisfazione di chi, da anni, si interroga sull’inutile e criminogeno proibizionismo che affligge questa sostanza.

L’Oregon, a tale proposito, ha rappresentato uno dei primi Stati americani a legalizzare l’uso, la detenzione e la vendita di prodotti a base di cannabis per scopi ricreativi, oltre che terapeutici. E in quello Stato il cosiddetto revenu fiscal è stato talmente alto da permettere al governatore locale di poter abbassare le tasse. Mentre la criminalità locale legata al prodotto in questione è pressoché scomparsa. Da noi, invece, si vorrebbe criminalizzare pure il Cbd della cannabis senza Thc venduta negli appositi negozi autorizzati, la cui filiera dà da lavorare a quasi 40mila persone in Italia. Una sorta di finta cannabis la cui vendita legalizzata ha, in ogni caso, molto nociuto agli spacciatori di quella vera.

Tornando allo studio in questione, i due ricercatori dell’Oregon che hanno pubblicato lo studio sul “Journal of natural products”, poi ripreso da agenzie sanitarie del Governo locale, hanno scoperto che ben due componenti che si estraggono della pianta, l’acido cannabigerolico o Cbga e l’acido cannabidiolico o Cbda, si legano alla proteina S o Spike del virus (cioè l’agente patogeno che infetta il recettore Ace-2 delle cellule umane per avviare la replicazione virale) e ne inibiscono ogni potenzialità replicativa virale all’interno delle cellule umane. In pratica, i due composti della cannabis non permettono al virus di attaccare le cellule, impedendo così l’infezione.

Lo studio è preso in seria considerazione negli Usa anche a livello federale. Ormai quasi una trentina di Stati in America hanno cambiato la politica repressiva nei confronti della marijuana, avendola legalizzata di fatto per scopi terapeutici e ricreativi. La conferma di questa ricerca da parte di ulteriori sperimentazioni potrebbe portare a due risultati entrambi virtuosi: un aiuto notevole nella lotta al Covid-19 e la fine di uno dei periodi più bui della storia dell’umanità, quello del proibizionismo ideologico sulle droghe leggere. In Italia è sub iudice costituzionale un timido referendum per iniziare a depenalizzare la coltivazione domestica della cannabis. Chissà se anche da noi arriverà il vento di cambiamento liberale e scientifico che spira dall’America. E chissà se “più che l’onor proibizionista da Stato etico” non “potrà il digiuno”.

Aggiornato il 19 gennaio 2022 alle ore 09:38