Dopo Omicron in arrivo la variante “bollette”

Avremmo gradito cominciare l’anno nuovo col piede giusto. Ma sembra che ciò non sia possibile, neanche per il “Governo dei miracoli” di Mario Draghi. Intendiamoci: non proviamo alcuna angoscia per le sorti prossime venture dell’“uomo della Provvidenza”. A toglierci il sonno non è sapere se il grande italiano resterà a Palazzo Chigi, traslocherà al Quirinale o tornerà agli ozi domestici. Con tutto il rispetto: chi se ne frega. Ciò che preoccupa è la sorte delle famiglie e delle imprese italiane. Pende sulle loro teste una gigantesca spada di Damocle che la narrazione mediatica di queste prime giornate del 2022 sottovaluta. Parliamo dell’aumento stratosferico del costo del gas e dell’energia elettrica che si è già abbattuto sulle famiglie e sulle imprese nel secondo semestre del 2021 ma che, stando alle previsioni degli enti regolatori, colpirà durissimo nel primo trimestre di quest’anno.

L’Arera (Autorità di regolazione per energia reti e ambiente) ha pubblicato la stima dei consumi annui a famiglia e connessi incrementi di spesa per il 2022 (Determina numero 22/21). Il quadro è terrificante. Si valuta che un profilo di utenza media, con una potenza impegnata di 3 kilowatt e un consumo stimato di 4000 kilowattora, spenderà quest’anno 1.192,49 euro per l’energia elettrica; un consumo gas pari a 5000 Smc (Standard metro cubo) costerà 5.071,32 euro se l’utente è residente nell’area Nord-occidentale del Paese, contro i 5.792,85 euro dovuti a parità di consumi da un abitante del Meridione. Nel primo trimestre 2022 gli aumenti saranno del +55 per cento per l’elettricità e del +41,8 per cento per il gas. Come faranno le famiglie italiane con redditi contenuti entro la fascia dei 12/16mila euro annui a pagare le bollette senza doversi indebitare? E se non ce la dovessero fare, li si lascia al buio e al freddo? Li si mette a dieta forzata?

Si obietterà: il Governo è intervenuto in legge di Bilancio a stanziare risorse per alleggerire l’impatto degli aumenti delle forniture energetiche a imprese e famiglie. Si tratta di 1,8 miliardi di euro in più rispetto alle risorse già stanziate che porterebbero l’intervento finanziario a sostegno di famiglie e imprese a oltre 3,5 miliardi per i primi tre mesi del 2022. Apprezzabile, ma non sufficiente. Serve uno sforzo straordinario da parte del Governo, che non può limitarsi ad aggravare la spesa corrente ma deve riuscire a risalire alle cause del problema. Cioè: deve cominciare a fare politica. Già, perché il contenimento del costo della materia prima energetica non è affare solo di mercato e non è solo italiano ma investe gli assetti geopolitici dell’Unione europea e dei suoi Paesi membri più influenti. Nell’immediato, un passo importante sarebbe prendere in considerazione le proposte che giungono dalle associazioni dei consumatori orientate alla rimodulazione e allo spostamento (strutturale) sulla fiscalità generale degli oneri di sistema; all’utilizzo dei proventi delle aste Co2 per ridurre le bollette; alla riduzione di Iva e accise sul gas; all’utilizzo degli extra profitti delle società energetiche accumulati in questi mesi di prezzi alti; al ripensamento della fine del mercato di tutela e del ruolo di Acquirente unico.

Stesso dicasi per le piccole e medie imprese che sono la spina dorsale del nostro sistema produttivo. Sul groppone delle Pmi, già appesantito dall’eccessiva tassazione, è stato caricato il maggior contributo all’implementazione delle energie rinnovabili. Di fatto, la struttura della bolletta energetica ne risulta squilibrata a danno delle piccole imprese. La causa è il disallineamento del contributo al consumo effettivo di energia. Come denuncia Confartigianato: “Le piccole aziende in bassa tensione, infatti, a fronte di una quota di consumi energetici del 32 per cento, sono costrette a pagare il 49 per cento della componente degli oneri generali di sistema nella bolletta elettrica, pari ad una somma di 4,7 miliardi di euro. In barba al principio “chi inquina, paga”, le Pmi devono finanziare la maggiore quota di oneri per le componenti della bolletta dedicate al sostegno delle energie rinnovabili, di categorie come le ferrovie e le imprese energivore, e i bonus sociali.

Si dirà: c’è mamma Europa a cui chiedere aiuto. Ma l’osannata Unione europea ci sta o no a fare con le materie prime energetiche ciò che ha fatto con i vaccini? A creare una centrale unica europea per l’acquisto in comune di gas? Sarebbe il momento giusto per dimostrare che l’Unione c’è. Peccato che al Consiglio europeo dello scorso ottobre l’idea della centrale unica d’acquisto, ventilata da Mario Draghi, sia stata subitaneamente affondata dal nein della signora Angela Merkel, giunta alla sua ultima partecipazione da cancelliere tedesco al vertice europeo. Verrebbe da dire: la solita Germania che pretende che gli europei tengano il punto contro la Russia di Vladimir Putin, mentre procede come un treno all’attivazione del gasdotto Nord Stream 2 che pomperà fiumi di gas dalla grande madre Russia direttamente al cuore (teutonico) dell’Europa settentrionale. Dobbiamo cavarcela da soli? Va bene, facciamolo con chi ci sta degli altri Paesi dell’Ue. Non fosse altro per togliere ogni alibi alla politica nostrana che sulla questione del caro bollette non mostra la dovuta attenzione.

Ora, nessuno più di noi è consapevole della delicatezza del momento che si focalizza sulla scelta del prossimo capo dello Stato. Tuttavia, non ci si può nascondere dietro a un dito: passi l’ossessione, in particolare giornalistica, per il toto-nomine al Quirinale, ma la priorità per la politica adesso sono le bollette che stanno per piombare nelle case e nelle aziende degli italiani. E se ci sta a cuore che il Paese abbia presto un Presidente della Repubblica all’altezza del compito e che sia in sintonia con la maggioranza degli italiani (anche in questa circostanza il consenso sulla scelta della persona non potrà mai essere unanime), importa di più che il Governo agisca con rapidità ed efficacia per frenare la tempesta degli aumenti. Non è in grado di farlo? Si faccia da parte perché, come insegna la saggezza popolare, tutti sono utili e nessuno è necessario. Neanche un uomo inviato dalla Provvidenza.

Un Governo che incide nelle dinamiche di una società complessa non può essere monotematico. Non può limitarsi a contrastare la pandemia comprimendo le libertà dei cittadini mediante l’iperfetazione della decretazione d’urgenza e prolungando a dismisura lo stato d’emergenza. Un Governo all’altezza della fama di chi lo guida deve occuparsi e preoccuparsi d’altro, in particolare di ciò che assilla la quotidianità della gente comune. Ci aspettiamo da Mario Draghi un segno concreto in tal senso. Presidente, non ci deluda.

Aggiornato il 13 gennaio 2022 alle ore 09:44