Guerre di religione e verità sulle stragi terroristiche in Italia

Sulle stragi terroristiche in Italia notoriamente una logica che metta tutti d’accordo – a destra come a sinistra, valida pure per chi non si riconosca in queste due categorie dello spirito – non esiste. Non può esistere. E anzi non deve. La verità deve essere cercata con la lanterna dell’ideologia, in una sorta di derby calcistico permanente, dove chi non la pensa in una certa maniera deve essere necessariamente bollato come persona ambigua e contigua, almeno idealmente, ai presunti autori e mandanti delle stragi stesse.

L’apoteosi di questo fenomeno che unisce ottusità e malafede di molti magistrati, di altrettanti giornalisti e di un numero oggi pressoché infinito di commentatori fuori tempo massimo, si osserva nelle dinamiche pluridecennali delle inchieste sulla strage di Bologna del 2 agosto 1980 e delle successive indagini aperte 40 anni dopo su suggestioni mediatiche molto labili. Un tempo esisteva la legittima suspicione per quei distretti giudiziari in cui era evidente la mancanza di serenità di giudizio in determinati processi. È stata invece sostituita dal diritto per competenza ideologica.

A Bologna, per esempio, come si evince da questo interessante filmato d’inchiesta di Gabriele Paradisi e Gian Paolo Pelizzaro, è scritto sul che quella strage – almeno quella – debba restare ancorata alla matrice fascista e consegnata alla storia così, grazie a una sentenza passata in giudicato a furor di popolo. E a detrimento di ogni logica di analisi delle prove processuali, costi quel che costi. Persino cadere nel ridicolo processando oggi, nel 2022, i morti come mandanti politici e massonici della strage. Un cliché poi importato in taluni processi di mafia in cui si tenta di coinvolgere il politico di turno da distruggere. Così, processandoli, i morti vanno a fare compagnia ai morti che li hanno preceduti nell’aldilà. E se le vittime idealmente saranno tutte in Paradiso, per i mandanti e le “menti occulte” è pronto da tempo un ergastolo da scontare all’Inferno. Ovviamente ostativo. I colpevoli per forza potranno raccontare di essere andati colà – cioè nelle fiamme dell’Averno – inviatici non da Dio e neanche da Dante Alighieri, ma per intercessione dei magistrati e dei politici della sinistra bolognese, che fin dai primi anni subito dopo questa maledetta strage solevano anche riunirsi assieme nelle sezioni locali dell’allora Partito Comunista italiano.

La “fascisticità”, come si direbbe oggi, quindi sarà la verità processuale predeterminata per la strage di Bologna e anche il marchio, il “brand”, da consegnare alla storia. Possono confessare i palestinesi e Carlos, potrà cadere il Lodo Moro, potranno avvenire rivelazioni e scoperte. Ma chi toccherà nei secoli dei secoli quella matrice fascista della strage del 2 agosto 1980 a Bologna – chi negherà quel dogma – è destinato alla “damnatio memoriae”.

Aggiornato il 10 gennaio 2022 alle ore 09:37