A inizio settimana l’ultimatum del presidente della Federazione Russa, Vladimir Vladimirovič Putin, agli Stati Uniti d’America, agli Alleati della Nato e, anche se non direttamente, all’Unione europea, è d’una chiarezza inequivocabile: o si arriva ad accordi internazionali chiari sulla pace paneuropea, che impediscano l’adesione all’Alleanza Atlantica di Ucraina e Georgia, in prospettiva della Bielorussia, cioè si prenda l’impegno di non schierare truppe nordamericane, britanniche o euroccidentali alle frontiere della Federazione Russa, oppure ci sarà una risposta militare.
Joe Biden ha balbettato che la Russia pagherebbe carissima un’aggressione all’Ucraina in termini di sanzioni economiche, idem l’Unione europea. Questo, al momento, non solo genera un pericolo di deflagrazioni a catena, se si considera la minaccia del regime comunista di Pechino alla Repubblica di Cina di Taiwan, la messa in stato d’allerta delle forze armate d’Israele verso l’Iran e la perdurante guerra civile in Siria, nonché altri persistenti focolai di crisi, ma rileva il prevedibile fallimento della sconsiderata politica estera di Joe Biden.
La Federazione Russa non è la cessata Unione Sovietica, non è un regime comunista frutto della rivoluzione bolscevica, ma ha una Costituzione di uno Stato libero e democratico federale, con un presidente più volte eletto d’idee e metodi autoritari, come lo fu, per certi aspetti, nell’Italia del tardo Rinascimento, un Francesco Crispi e non un dittatore alla Benito Mussolini. La Federazione Russa perseguiva i suoi interessi in politica estera in modo tranquillo, senza opzioni militari. La presidenza nordamericana di Donald Trump perseguì con lungimiranza l’idea di coinvolgere questa Federazione Russa in un partenariato euroasiatico, per arginare la potenza sovversiva del regime comunista di Pechino, che attua un massiccio riarmo con mire chiaramente aggressive.
Joe Biden cosa ha fatto? Ha resuscitato invece una Guerra fredda russofoba senza reale motivo geostrategico, con la conseguenza di buttare la Russia nelle braccia della Cina comunista, dalla quale se si fosse seguita la natura la separa il contrasto d’interessi sulla Mongolia; spingerla ad allenarsi di fatto coll’Iran, rinserrare l’appoggio al regime di Damasco, ammassare le truppe al confine coll’Ucraina. Queste le premesse dell’Ultimatum. Il nuovo anno, grazie a Joe Biden, s’apre sull’orlo del baratto, con tutto vantaggio del regime comunista installato a Pechino, pronto a sopprimere la libera democrazia di Taiwan. Repubblica di Cina che non sa come fidarsi dell’Amministrazione Biden dopo la vile repentina fuga dall’Afghanistan, senza neppure avvertire gli alleati lì impegnati con i propri contingenti.
Aggiornato il 18 dicembre 2021 alle ore 09:44