La neo-lingua vuole abolire il Natale in Europa

Secondo qualcuno nella Commissione Ue di Bruxelles dovremmo smettere di augurarci “buon Natale”. Meglio dire “buona vacanza invernale”. Anzi meglio abolire completamente la parola Natale. E perché? Perché “bisogna evitare i riferimenti religiosi”. E perché? Perché “bisogna essere sensibili al fatto che le persone abbiano differenti tradizioni religiose ed evitare di pensare che chiunque sia cristiano”. Per la stessa ragione “meglio evitare nomi cristiani come Maria e Giovanni. Meglio Malika e Giulio”.

Non basta, “meglio evitare le espressioni signore e signora” e ogni parola con un genere definito come operaio. E perché? Perché potrebbero far sentire esclusi le persone che non si sentono né maschiofemmina. E ancora: anche la parola “cittadino” è problematica perché potrebbe offendere e far sentire escluse “le persone apolidi e gli immigrati”. Chi lo dice? Lo scrive il Commissario all’Uguaglianza, la laburista maltese Helena Dalli in un documento dal titolo “Linee guida per una comunicazione inclusiva” da lei escogitato come una specie di vademecum della neo-lingua politicamente corretta destinata per ora ai funzionari della Commissione Ue.

Dobbiamo sempre offrire una comunicazione inclusiva, garantendo così che tutti siano apprezzati e riconosciuti indipendentemente dal sesso, razza o origine etnica, religione o credo, disabilità, età o orientamento sessuale” scrive con enfasi edificante la Commissaria. Ma il documento è solo la punta di un iceberg.

Attraverso l’unità “Uguaglianza, inclusione e diversità” facente capo alla Direzione generale per il personale della stessa Commissione, l’Unione europea sta organizzando una sorta di “neo-lingua” a tutto il personale Ue per “comunicare correttamente su questioni riguardanti la disabilità, le persone Lgbti+, la razza, l’etnia e la religione”. Secondo la neo-lingua europea non si potrà più dire e scrivere “matrimonio gay”, ma andrà sostituito con “matrimonio egualitario” e non saranno ammessi i “diritti dei gay e degli omosessuali” ma si dovrà dire “trattamento equo, paritario”. Da scordarsi ovviamente anche il “sesso biologico” (molto meglio “sesso assegnato alla nascita”) e il cambio di sesso, da preferire invece il termine più corretto “transizione di genere”.

Si comincia con i funzionari europei. Ma poi si prevede di diffondere il codice linguistico a tutti i cittadini europei. La neo-lingua politicamente corretta, nata negli Usa negli anni ’70 del Novecento, procede nel suo cammino e ha già conquistato i vertici dell’Ue. La scoperta del documento da parte del quotidiano Il Giornale ha già scatenato una bufera di reazioni avverse, soprattutto tra i leader politici di centrodestra. Tra gli altri Giorgia Meloni ha affermato: “Ora basta: la nostra storia e la nostra identità non si cancellano”. Matteo Salvini, da par sua, l’ha definita “una follia”.

In effetti la neo-lingua “inclusiva”, in nome dell’inclusione delle minoranze, sembra piuttosto intesa a escludere e offendere la maggioranza degli europei: coloro che si sentono almeno culturalmente cristiani e le maggioranze di persone che si identificano in maschi o femmine. In nome del rispetto per le tradizioni e le identità dell’altro e del diverso – secondo i chierici del politicamente corretto – gli europei dovrebbero rinunciare alle proprie tradizioni e alle loro identità; e rinnegarle, rinnegando se stessi. Non è un po’ troppo? Ma l’Ue non dovrebbe difendere i suoi cittadini, le loro tradizioni, la loro cultura? Non dovrebbe anche dare sostanza alla cittadinanza europea accanto a quella nazionale? Ma come può farlo se vuole bandire come discriminatoria persino la parola cittadino?

L’Ue vuole non offendere nessuno e includere tutti, tranne i suoi stessi cittadini e le loro libertà: a cominciare da quella di espressione. E poi qualcuno si sorprende del fatto che in Europa ci siano tanti euroscettici e “sovranisti”!

Aggiornato il 01 dicembre 2021 alle ore 10:13