In politica l’indifferenza è il peggiore dei mali

Dato il contesto nel quale stiamo vivendo, c’è da prendere atto in modo inconfutabile che in politica c’è indifferenza e indifferenza. Per esempio, nonostante pubblichi con una sistematicità settimanale (uno il martedì e l’altro il venerdì) dei blog all’interno di un apposito spazio mediatico definito “Stanze di Ercole” e nonostante da un paio di anni scriva su “Il Quotidiano del Sud”, finora non ho ricevuto alcuna contestazione e, cosa davvero strana, questa assenza di contestazioni c’è stata anche nel periodo in cui alcuni parlamentari o tecnici da me indicati come responsabili del mancato avvio delle opere ricopriva ruoli di Governo, mi riferisco ai ministri Graziano Delrio, Barbara Lezzi, Danilo Toninelli, Paola De Micheli ed Enrico Giovannini. Questo mi preoccupa di più, perché da un lato si conferma l’incontestabilità dei dati che fornisco ma dall’altro, però, assume peso uno dei comportamenti più pericolosi dell’attuale fauna politica e cioè la “indifferenza”.

Riccardo Lombardi diceva che l’indifferenza sarà la fine della politica e senza dubbio l’indifferenza è uno dei comportamenti che, purtroppo, sono alla base di un misurabile elenco di fenomeni, quali: la non partecipazione alle verifiche elettorali nazionali e locali (il 60 per cento di non votanti nelle ultime elezioni comunali è un indicatore chiave della più becera indifferenza); il mancato riconoscimento delle proprie idee all’interno di un determinato schieramento politico; il seguire solo l’evolversi dei fenomeni sociali e economici limitatamente alla fase giornaliera o al massimo settimanale, senza intravedere un respiro di medio e di lungo periodo; credere e condividere senza adeguata verifica quanto detto dai social network e dedicare, ormai, più tempo e più attenzione a pseudo-ideologie dell’ultima ora. Non voglio ricordare tutte le mie denunce ma voglio solo, in modo sintetico, elencare quelle che, a mio avviso, rivestono una caratteristica davvero sconcertante. In particolare:

il blocco per un anno della realizzazione del nuovo tunnel ferroviario Torino-Lione, un blocco voluto dall’allora ministro Toninelli il quale denunciò apertamente che tale decisione era condivisa dal collega francese e, soprattutto, era ampiamente motivata dalla inesistenza di lavori in corso e dal mancato impegno della Unione europea nel supportare l’intervento. Tutte informazioni rivelatesi inesatte e, soprattutto, una scelta presa su una decisone approvata per legge e supportata a scala comunitaria;

– il ritardo per oltre due anni dell’avanzamento dei lavori sull’asse ferroviario Alta velocità/Alta capacità Genova-Milano (Terzo Valico dei Giovi), sull’asse ferroviario Alta velocità/Alta capacità Brescia-Verona-Vicenza, sul nodo ferroviario ad Alta velocità di Firenze, un blocco voluto dal ministro Delrio attraverso il ricorso alla “project review”; un’azione questa che non ha prodotto contenimento dei costi ma solo l’annullamento di tratte e quindi non un risparmio e, soprattutto, un ritardo di anni nell’avanzamento dei lavori.

– una informativa, sull’utilizzo delle risorse dei Fondi di sviluppo e coesione, da parte della ministra del Mezzogiorno e della Coesione territoriale, Lezzi, in cui si dava piena attuazione al Programma 2014-2020; per poi scoprire che su 54 miliardi assegnati solo 3,8 miliardi di euro sono stati realmente spesi ed entro il 31 dicembre 2023 andranno spesi ulteriori 30 miliardi di euro allo stato neppure impegnati;

– il contratto tra il ministero dello Sviluppo economico e ArcelorMittal sul centro siderurgico di Taranto; un contratto sottoscritto dall’allora ministro Carlo Calenda a valle di una gara internazionale, contratto messo in discussione dal suo successore ministro Luigi Di Maio, rivisitato e poi ulteriormente bloccato su un emendamento della senatrice Lezzi su una clausola contrattuale. Una storia che ha prodotto un blocco sostanziale dell’impianto e generato una vera bomba sociale (oltre 8mila persone in cassa integrazione) e un forte ridimensionamento della capacità produttiva dell’impianto (solo 4 milioni di tonnellate d’acciaio all’anno);

– la nomina, con una “determina” da parte della struttura tecnica di missione del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, di una Commissione il cui mandato era quello di verificare la utilità del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria. Una Commissione non decisa con un decreto dell’allora ministra De Micheli, non decisa con un decreto del presidente del Consiglio; una Commissione che ha praticamente, anche se priva di un adeguato incarico, bloccato la realizzazione del ponte, ha bloccato la sua cantierabilità. In questo caso, la responsabilità è dei ministri De Micheli e Giovannini che hanno riconosciuto un ruolo a una Commissione, a mio avviso, non legittimata a produrre un simile parere.

Potrei continuare in questo tragico elenco, ricordando i ritardi nell’approvazione della Trans adriatic pipeline (Tap) o nel lungo peregrinare tra Cipe e ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti dell’autostrada Ragusa-Catania, o della stasi nell’avanzamento del sistema ferroviario Alta velocità/Alta capacità Palermo-Messina-Catania, ma ho preferito fermarmi ai cinque esempi prima riportati, perché penso siano abbondantemente sufficienti per misurare ciò che prima chiamavo “indifferenza”; sì, indifferenza non solo dei partiti e dei Movimenti che avevano supportato i loro ministri, ma anche dell’opposizione che non ha saputo, in nessun modo, contrastare simili inconcepibili comportamenti.

Ora chiedo all’attuale compagine di Governo solo una cosa: non si innamori della “indifferenza” perché questa volta non ce lo perdonerebbe l’Unione europea: non ce lo perdonerebbe chi, approvandoci il Recovery Plan, ha creduto nei nostri impegni, nelle nostre promesse. Aspetto contestazioni e smentite. Sono sicuro però che, ancora una volta, la mia attesa resterà tale.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole

Aggiornato il 18 novembre 2021 alle ore 10:15