Balla con Draghi

Secondo Lamberto Dini, i nomi in lizza per il Quirinale sarebbero tre: Mario Draghi, Marta Cartabia e Pier Ferdinando Casini. Noi non sappiamo se l’ex presidente del Consiglio abbia ragione o se puntualmente dal cilindro sbucherà il solito outsider pronto a sparigliare le carte. Quello che sappiamo è che, indipendentemente da quanto durerà realmente, la luna di miele tra il Governo Draghi e l’opinione pubblica sembra finita nel peggiore dei modi. Cosa che ci fa sospettare che la possibilità di un Super Mario promosso al Quirinale e rimosso da Palazzo Chigi cominci a prendere quota.

In molti si aspettavano tanto da “Mister Bce” soprattutto in termini di risolutezza e di proattività. Invece il Governo presieduto da Mario Draghi ha iniziato la sua corsa come Esecutivo di salvezza nazionale sostenuto da tutti i partiti (o quasi) per poi terminare in pastone consociativo che campa sull’equivoco. Se all’inizio, infatti, la ragion d’essere dell’attuale Esecutivo era quella di trionfare su due temi (il Pnrr con annessa ripresa economica e la campagna vaccinale), con lo scorrere dei mesi l’atteggiamento furbetto di non affrontare gli altri problemi, per non innescare polemiche in maggioranza, ha cominciato a scheggiare lo smalto del Governo. Soprattutto (ma non solo) se i suddetti nodi da (non) sciogliere coincidono con le riforme che l’Europa ci chiede per allargare i cordoni della borsa.

Inoltre, il Governo dei migliori avrebbe dovuto in qualche modo colmare il gap progettuale degli Enti locali intervenendo laddove la produzione di azioni finanziabili dal Pnrr fosse risultata insufficiente: cosa che non è avvenuta, visto che dei 51 obiettivi da raggiungere entro il 31 dicembre sino a oggi ne sono stati conseguiti 29. Se a questo aggiungiamo la fiammata dell’inflazione che sta lentamente trascinando il Paese verso una forte riduzione dei consumi, con ripercussioni sugli acquisti di Natale e anche sulla crescita del prossimo anno (secondo Confcommercio), allora il quadro sposta l’orizzonte delle attese paurosamente sotto le aspettative.

Ovviamente è arcinoto quanto in politica a nessuno freghi un fico secco del merito dei problemi. E allora proviamo a domandarci a chi giovi tenere Mario Draghi a Palazzo Chigi. Forse giova al Partito Democratico che dal draghismo ha tratto nuova linfa elettorale, riemergendo dallo stato comatoso in cui si trovava. Sicuramente a Forza Italia che – terminata questa legislatura – avrà un tracollo elettorale notevole. Probabilmente a una parte dei Cinque Stelle (quella legata alla vecchia guardia) conviene non toccare gli equilibri mentre a un’altra parte (quella che fa capo a Giuseppe Conte) giova sparigliare le carte per vincere l’impasse in cui è finita la leadership di “Giuseppi”. Sicuramente non conviene alla Lega che ha pagato anche in termini elettorali l’adesione all’ammucchiata.

Relativamente al partito di Giorgia Meloni la risposta è scontata mentre tutti gli altri cespugli sono irrilevanti. Il conto alla rovescia è iniziato e, quando ai più dovesse convenire liberarsi di Mario Draghi, quest’ultimo verrà gentilmente inviato al Quirinale (se ancora in tempo) o verrà tenuto in ostaggio imbalsamato a Palazzo Chigi fino alle elezioni, immobile a collezionare l’unica figura di palta della sua brillante carriera. La morale della favola è che aveva ragione Rino Formica nel definire la politica una cosa sporca: forse Mario Draghi avrebbe dovuto riflettere con più attenzione prima di sporcarsi le mani.

Aggiornato il 11 novembre 2021 alle ore 09:43