Il sabato romano di Forza Nuova e l’antifascismo a orologeria

Il centrodestra avrebbe potuto farcela a vincere il ballottaggio a Roma con Enrico Michetti. Adesso è altamente improbabile che accada. Gli scontri dello scorso sabato nella capitale avranno come effetto la fuga dell’elettorato moderato dalle urne: la “pugnalata” dei facinorosi di Forza Nuova spiana la strada alla vittoria della sinistra. Ne siamo al tal punto convinti che se dovessimo indicare i più preziosi alleati del Partito democratico in questo delicatissimo frangente della storia italiana non avremmo alcun dubbio a puntare il dito verso Roberto Fiore, fondatore di Forza Nuova, e Giuliano Castellino, capo romano dell’organizzazione: gli utili idioti. Sono neofascisti? Dai comportamenti, dall’estetica e dalle parole d’ordine così sembrerebbe. Quel che è certo è che sono stati efficienti e professionali nell’organizzare e gestire, con perfetto tempismo, la gazzarra destinata a colpire alla schiena la destra. Se i capibastone della sinistra avessero fair play, lunedì sera, a risultato acquisito, dovrebbero inviare ai due “benefattori” di Forza Nuova un cadeau accompagnato da un biglietto di ringraziamento per l’ottimo lavoro svolto. Che colpo propagandistico magistrale assaltare la sede della Cgil!

Erano anni che nessuno considerava determinanti le posizioni del primo sindacato italiano, la cui capacità di mobilitare il mondo operaio è naufragata. Per mantenere l’allure egemonica i capi cigiellini hanno dovuto fare uso, e abuso, del ricordo della manifestazione dei tre milioni di lavoratori al Circo Massimo. Ma era il 23 marzo 2002, un’era geologica fa. Da allora, il contatto con le realtà del lavoro si è affievolito, fino a ridursi al nulla nell’approccio alle problematiche poste dai nuovi lavori emergenti. Poi la “resurrezione” di sabato scorso. Subito dopo gli incidenti si è rimessa in moto la catechesi resistenziale dell’antifascismo di maniera, con i suoi luoghi comuni più vieti e la sua retorica autoritaria. Ideona! Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, convoca in tutta fretta una grande manifestazione di piazza a Roma – guarda caso – per il prossimo sabato, giornata di silenzio elettorale che precede il giorno di apertura delle urne del ballottaggio alle comunali, non per parlare di diritti dei lavoratori ma di minaccia fascista. A cosa serva una sparata del genere lo si comprende bene. La sinistra plaude e ringrazia.

Già, perché l’iniziativa è tutta indirizzata a “dopare” il voto del giorno dopo, ma non lo si può dire ad alta voce senza correre il rischio di essere tacciati di intelligenza con l’eversione nera. Stesso trattamento è riservato a chi dissenta dai provvedimenti normativi implementati dal Governo Draghi. Giorgia Meloni? Per il pensiero unico, politicamente corretto, è l’ambigua che non ce la fa a resistere alle ancestrali pulsioni fasciste. E non solo. La leader di Fratelli d’Italia, come tutta la destra, è accusata di mettere sullo stesso piano la violenza delle bestie nere di Forza Nuova e dintorni con quella dei bravi ragazzi dei Centri sociali e della galassia anarco-insurrezionalista. Costoro, al solo scopo ricreativo, hanno devastato Milano e Torino nelle stesse ore in cui, a Roma, i “fascisti” si ponevano al servizio del “buon diritto” dei migliori, cioè della sinistra, al governo della città eterna. Nella cosmogonia dell’esercito del “Bene”, progressista e radical chic, gli attentati dinamitardi degli angioletti rossi sono come le bombe delle sei di Notte prima degli esami (Antonello Venditti): non fanno male/È solo il giorno che muore.

A questo punto è lecito domandarsi: ma che abbiamo fatto, noi comuni mortali, di così sbagliato da meritarci questo osceno spettacolo? È perché abbiamo sinceramente creduto – che ingenui! – che il principio costitutivo della democrazia fosse una cosa seria e che davvero la maggioranza degli italiani avesse il diritto di scegliere i governanti? Fa bene Giorgia Meloni a interrogarsi su quale sia la matrice autentica degli eventi che hanno sconvolto Roma. Non otterrà risposta, ma solo insulti e nauseanti secchiate di pelosa retorica antifascista attraverso cui viene inoculato il “monismo ideologico” della sinistra. La volete scovare la radice autoritaria nel nostro sistema politico? Leggete il post del vicesegretario del Partito democratico Giuseppe Provenzano, a proposito del destino di Fratelli d’Italia e capirete. Se fosse per lui, il partito della Meloni dovrebbe essere posto fuori dall’arco democratico e repubblicano.

È a questo che siamo: alla messa al bando di chi non sia in linea con la dominante della political culture nel nostro Paese. Enrico Letta, che si crede astuto, propone una mozione parlamentare che impegni il Governo a sciogliere d’imperio Forza Nuova e pretende che la votino tutti in Parlamento. Una stupidaggine che fa strame dei principi basici di una democrazia d’impianto liberale. Non può essere una maggioranza politica a decidere di sciogliere un partito perché se lo facesse creerebbe un precedente devastante per la tenuta delle istituzioni repubblicane. Se quei quattro delinquenti di Forza Nuova, lasciati liberi di agire dalla polizia posta sotto il comando del ministro dell’Interno, hanno commesso anche il reato di ricostituzione del partito fascista, sia la magistratura a deciderlo. Al riguardo, pensiamo che questa volta gli inquirenti debbano andare fino in fondo nell’accertamento della verità. Non basta che dicano che quegli imbecilli hanno le svastiche tatuate addosso e che fanno il saluto romano.

Vogliamo sapere tutto. Chi li finanzia? Chi li ha aiutati a mettere in scena la violenza? Perché le forze dell’ordine non erano preparate a contenere la protesta? Perché l’intelligence non ha segnalato il rischio di tafferugli alla legittima manifestazione dei No Green pass? Perché i facinorosi non sono stati fermati quando dal palco di Piazza del Popolo il caporione Giuliano Castellino ha annunciato l’intenzione di assaltare la sede della Cgil? Perché a difendere Palazzo Chigi inizialmente c’era solo un furgone cellulare della Polizia di Stato? Alcuni degli squadristi di Forza Nuova, noti pregiudicati, erano soggetti al Daspo che vieta loro la partecipazione a manifestazioni pubbliche. Perché invece erano in piazza con spranghe e bastoni? È ancora consentito in questo Paese porre domande? Forse è proprio come scrive Leonardo Sciascia nel suo Il giorno della civetta: Il popolo cornuto era e cornuto resta: la differenza è che il fascismo appendeva una bandiera sola alle corna del popolo e la democrazia lascia che ognuno se l’appenda da sé, del colore che gli piace, alle proprie corna”.

Aggiornato il 13 ottobre 2021 alle ore 10:03