Il fallimento del sistema istituzionale

È inutile girarci troppo intorno: la disarmante facilità con cui l’Italia è diventato l’unico Paese al mondo a imporre un passaporto interno, persino per lavorare, rappresenta un grave fallimento del sistema istituzionale nel suo complesso. In pratica, siamo passati da una Repubblica fondata sul lavoro a un regime sanitario basato sui vaccini e sul green pass. Tutto questo senza che i vari contrappesi democratici, i quali nei sistemi avanzati rappresentano un argine molto importante contro ogni eventuale deriva, abbiano abbozzato una qualche significativa reazione. Tra questi, come è stato ribadito più volte da molti osservatori non allineati, un posto d’onore in un tale sfacelo democratico e costituzionale se lo è guadagnato, per così dire, gran parte dell’informazione nazionale, divenuta sin dall’inizio assolutamente funzionale alla linea del terrore e delle restrizioni senza precedenti. Ma anche, ahinoi, i due massimi organismi di garanzia costituzionale, il capo dello Stato e la Consulta, non hanno mai avuto nulla da eccepire in merito a tutta una serie di misure estremamente restrittive dai dubbi effetti sul contenimento di un virus divenuto oramai endemico.

Evidentemente, partendo dal presupposto che alla fine ogni popolo ha il sistema istituzionale che si merita, al pari del Governo, dobbiamo rassegnarci alla consapevolezza di vivere in un Paese politicamente e culturalmente non molto evoluto. Non a caso l’Italia si trova ai vertici della ben poco edificante classifica dell’analfabetismo funzionale. Secondo alcune stime autorevoli, dal 28 per cento al 46 per cento dei nostri concittadini tra i 16 e i 65 anni non sarebbero in grado di comprendere, valutare e utilizzare in maniera efficace le informazioni in cui si imbattono. Un deficit che da tempo rappresenta un vero e proprio allarme sociale per un Paese da sempre troppo incline a guardarsi l’ombelico e che ha consentito al sinistro partito unico del terrore, al netto degli indottrinati e degli utili idioti, di operare una colossale manipolazione di massa, facendo passare l’idea che ci dovevamo difendere da una malattia quasi incurabile.

Pertanto, dopo che persino al vertice del potere si è voluto accreditare la tesi secondo cui chi non si vaccina muore – nonostante i numeri generali della pandemia dicano ben altro – l’abominevole introduzione di un passaporto interno per poter semplicemente condurre una esistenza normale ha costituito una conseguenza logica di simili premesse. E il fatto che, a parte Massimo Cacciari, Giorgio Agamben e pochi altri autorevoli pensatori, non ci sia praticamente nessuno nel “mondo” che conta a denunciare una simile catastrofe politica e istituzionale, rappresenta una ulteriore conferma dello sfacelo che stiamo vivendo e subendo.

Aggiornato il 11 ottobre 2021 alle ore 09:21