Il pensiero unico è il vero pericolo della democrazia

L’affermazione secondo la quale il crescente disinteresse alle elezioni, cui corrisponde il calo della percentuale dei votanti, costituisce un sintomo della involuzione democratica che stiamo vivendo non mi convince a fondo.

Non è affatto così. O non lo è del tutto e automaticamente. Intanto, è un dato di fatto che nelle democrazie mature la percentuale degli elettori che esercita il diritto di voto tende a non superare la soglia del 50-60 per cento. Con il tempo, infatti, si radica la convinzione che la democrazia sia un bene acquisito, che non corre alcun pericolo.

A ciò va aggiunto che i moderni veicoli di comunicazione e di trasmissione del pensiero sono intesi, a torto, come lo strumento che consente l’esercizio della democrazia e rappresenta un surrogato del voto. È un po’ come dire: io, la mia, l’ho detta su Facebook. Sono a posto così. Certo, la democrazia così come l’abbiamo sempre intesa attraversa un momento di crisi profonda, che potrebbe minarla nelle sue radici. Ma non sarà il disinteresse di molti ad uccidere le libertà, ovvero a compromettere i diritti che noi chiamiamo fondamentali.

Il vero pericolo che le democrazie corrono è quello del pensiero unico, che non ammette dissenso, che tollera con fastidio le discussioni, che confonde la tutela dei diritti con la repressione delle idee contrarie. Che non ammette l’esistenza delle devianze, che sono da combattere e tuttavia sono parte del tutto. In definitiva, le democrazie muoiono per colpa di un finto conformismo, dietro il quale si cela l’oscurantismo più bieco.

Che la gente vada o no a votare in massa, in questa prospettiva, è del tutto irrilevante.

Aggiornato il 05 ottobre 2021 alle ore 09:23