Nadef: “Siamo una squadra fortissimi”

Dopo il diluvio del Conte bis, bisognava intonare “Osanna nell’alto dei cieli” per l’arrivo di Mario Draghi – l’uomo della Provvidenza – a Palazzo Chigi. Lo abbiamo fatto. Con sincero spirito collaborativo la maggioranza degli italiani ha accolto il nuovo premier impegnandosi convintamente nell’opera di ricostruzione economica del Paese, messo in ginocchio dalla pandemia. Nessuna meraviglia, perché nell’ora del bisogno la nostra gente c’è sempre. È stato come dopo un terremoto, un’alluvione: tutti o quasi, amici e nemici, si sono messi a scavare insieme per rimuovere le macerie. Le antiche rivalità hanno lasciato il posto a un inconsueto spirito patriottico. Nei giorni sventurati è stato bello ritrovarsi uniti. Anche la politica, bisogna ammetterlo, per larga parte ha fatto il suo, scoprendo unità d’intenti e volontà insospettate prima del dilagare del Covid.

Si può dire che Mario Draghi abbia incarnato lo spirito del tempo. E quando si fanno le cose giuste, i risultati arrivano: è matematico. È di ieri l’altro la notizia che l’Italia si è rialzata. Lo dicono i numeri della Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (Nadef) per il 2022, presentata dal ministro dell’Economia, Daniele Franco. Cifre da crescita stratosferica che non si vedevano dai tempi del boom economico: + 6 per cento di Pil, a fronte del +4,5 per cento stimato in primavera; deficit in calo al 9,4 per cento; debito in discesa al 153,5 per cento del Pil. Per il ministro dell’Economia non è un rimbalzo congiunturale conseguente al crollo produttivo dello scorso anno ma uno scenario macroeconomico tendente a livelli di crescita significativi anche nel prossimo triennio. Crescita che il premier vorrebbe rendere strutturale.

Ci sarebbe da essere più che soddisfatti se non fosse che tutte le medaglie hanno due facce. Oggi il Governo ha mostrato quella migliore, ma c’è il rovescio che non è ugualmente luccicante. E non può essere ignorato. Ci sono ombre da fugare. Parliamone, per il bene del Paese. In prima battuta, a valutare l’effettiva azione di Governo, al netto dell’autorevolezza posturale del premier, viene da dire che l’Italia si sia rialzata non “grazie” all’Esecutivo Draghi, ma “a prescindere” dal Governo Draghi. Lo ha riconosciuto implicitamente lo stesso premier quando, nel corso della conferenza stampa di presentazione della Nadef, retoricamente s’interrogava su quale potesse essere la causa originaria del piccolo miracolo economico. Draghi ha asserito che il fattore scatenante la ripresa sia stato il vaccino. Viva la sincerità! Ma è un po’ poco da portare a testimonianza del lavoro dell’Esecutivo. In realtà, fin qui l’azione di Governo, tolta la riuscita della campagna vaccinale, è stata deludente. Il terziario stenta a ripartire. Imprese e lavoratori autonomi, a buon diritto, si sarebbero attesi molto di più da un Governo che di fatto ha commissariato il Paese.

Lo ha spiegato benissimo Ercole Incalza sul nostro giornale scrivendo di grandi opere. Che è stato dei cantieri delle infrastrutture che avrebbero dovuto riconnettere l’Italia all’Europa e al resto del mondo? Scrive Incalza: “A quattro mesi dal varo del Decreto Legge “Semplificazioni” e a due mesi dalla conversione in Legge, mancano ancora due organi straordinari che sono il riferimento chiave dell’intero impianto normativo, due organi che hanno il compito di approvare in tempi certi i progetti”.

Eppure, è noto che la spesa per le infrastrutture produca un decisivo “effetto moltiplicatore”. Si calcola che ogni euro speso in infrastrutture generi un ritorno economico in termini di crescita del Prodotto interno lordo (Pil) e dell’occupazione. Allora perché il robusto pacchetto delle grandi opere è fermo al palo? Mario Draghi non è stato presentato all’opinione pubblica come il decisionista del “whatever it takes”? Nel “Rapporto Pmi 2020”, realizzato dal Cerved lo scorso febbraio, sono stati quantificati gli impatti del Covid sui livelli di capitale e sulla perdita di posti di lavoro.

Gli esiti della ricerca sono a dir poco allarmanti: “I posti di lavoro persi nelle imprese ammontano a 1,3 milioni (arco temporale pandemico, ndr), ovvero l’8,2 per cento degli addetti impiegati prima dell’emergenza (16 milioni). Questo si tradurrebbe in un aumento dei disoccupati da 2,6 a quasi 4 milioni, con il tasso di disoccupazione che salirebbe dal 10 per cento del 2019 al 15 per cento a fine 2021”, con una perdita di occupati delle imprese proporzionalmente maggiore nel Mezzogiorno. Secondo la stessa fonte, tra il 2021 e il 2022 è stimato un recupero di 531mila posti di lavoro, che tuttavia non consentirà di annullare il gap con i posti persi nel 2020 (-622 mila). Se si desse immediato avvio ai cantieri delle grandi opere quel gap verrebbe rapidamente colmato.

Cosa fanno Draghi e i suoi per rimettere in moto la macchina delle opere pubbliche? Sul fronte poi della soluzione delle crisi aziendali non è che vada meglio. Ci sono 87 tavoli di crisi aperti al ministero dello Sviluppo economico che coinvolgono una platea di lavoratori stimata tra gli 80 e i 100mila addetti. Per il ministro competente non sarebbe più salutare chiuderne (con successo) alcuni invece di sprecare energie ad almanaccare sui futuri scenari della politica? Si dirà: il Governo Draghi ha fatto la riforma della Giustizia. A voi sembra che la cosiddetta “riforma Cartabia” rimuova il nodo di fondo del sistema giudiziario italiano che sta nella lentezza e nella farraginosità dei suoi meccanismi di funzionamento? A rispondere positivamente ci vuole una bella fantasia. Sul fronte delle emergenze securitarie cos’ha fatto il Governo Draghi? Meglio stendere un velo pietoso. I migranti illegali? Continuano a giungere a frotte, praticamente indisturbati, sulle nostre coste. Un dato che vale più di cento discorsi: 46.167 migranti sbarcati a decorrere dal primo gennaio 2021 al 30 settembre 2021 (fonte: ministero dell’Interno). Vogliamo immalinconirci nel vergare pile di cahiers de doléances sulla modesta incisività della compagine ministeriale?

Non siamo tanto masochisti. Tuttavia, proprio perché siamo disponibili a riconoscere a Mario Draghi la grandezza del personaggio, siamo parimenti autorizzati a porci la domanda: quando l’Uomo della Provvidenza passerà dalle parole ai fatti? Non vorremmo finire come quei malcapitati ospiti ai ricevimenti nuziali nei soffocanti pomeriggi estivi che, ammessi al cospetto di sontuosi banchetti, non possono toccare nulla, neppure ricevere un bicchiere d’acqua fin quando in sala non fanno ingresso gli sposi, reduci dall’interminabile tour fotografico. Presidente, abbia pietà! Basta con photo opportunity e strette di mano a saccenti ragazzette, ambientaliste invasate. Faccia servire almeno gli antipasti, che lo stomaco degli italiani comincia a reclamare. E di brutto.

Aggiornato il 04 ottobre 2021 alle ore 09:20