La qualità delle leggi e l’invenzione del Comitato esplicativo

Il lamento per la qualità (cattiva) e la quantità (eccessiva) delle leggi perdura generalizzato. I tre poteri, che le leggi approvano, amministrano, sanzionano, e che dovrebbero rimediarne i guasti, sono in prima fila a criticarle perché sono troppe e fatte male. Qui vorrei occuparmi, nella brevità di un editoriale, della qualità delle leggi, la cui quantità dipende da cause in larga parte diverse, sebbene il numero delle leggi incida pure sulla loro qualità. Già Tacito insegnava “corruptissima re publica plurimae leges”. La corruzione dello Stato e dei cittadini è sempre associata a moltissime leggi. E questa verità è specialmente evidente in Italia.

Lo spunto mi è venuto dalla notizia che il Corriere della Sera ha riportato, esagerando assai, sotto il titolo “Un team di esperti per spiegare le leggi”. Si tratta di questo. Sette deputati (grillini, democratici, forzisti, meloniani) hanno proposto che la presidenza del Consiglio dei ministri predisponga e pubblichi sulla Gazzetta Ufficiale “una nota illustrativa del contenuto dell’atto legislativo redatta secondo criteri di chiarezza espositiva”. La nota “non ha efficacia normativa né interpretativa, ma soltanto illustrativa e divulgativa, restando fermi il valore e l’efficacia della disposizione legislativa e l’applicazione dei criteri interpretativi previsti dall’ordinamento vigente”.

Per la predisposizione della nota illustrativa è istituito presso la presidenza del Consiglio dei ministri, nell’ambito delle iniziative finalizzate alla gestione e allo sviluppo del portale “Normattiva” un Comitato di esperti di materie giuridiche, di linguistica e di comunicazione. La composizione, le forme organizzative e le modalità di funzionamento del Comitato sono disciplinate con decreto del presidente del Consiglio dei ministri. Il Dipartimento per gli Affari giuridici e legislativi della presidenza del Consiglio dei ministri presta al Comitato l’assistenza logistica, tecnica e operativa necessaria, compreso lo svolgimento delle funzioni di segreteria. Per il funzionamento del Comitato vengono stanziati 500mila euro l’anno.

Il nobile proposito dei legislatori, i quali, parlando in generale, fanno coincidere la nobiltà dell’iniziativa legislativa con i propri personali propositi, è di migliorare la conoscenza e la comprensione delle leggi, liberandole dall’oscurità e volgendole in volgare. Hanno pure appoggiato la proposta sulla celebre sentenza della Corte costituzionale che mitigò l’assolutezza del millenario principio “ignorantia legis non excusat” affermando che quando l’ignoranza è inevitabile diventa scusabile.

Anche considerando che 500mila euro all’anno possono pagare, per esempio, un asilo nido, due obiezioni vengono subito in mente. La prima: esistono già decine di strutture governative e parlamentari per la redazione e revisione dei testi legislativi, le quali dovrebbero servire, quanto meno, a scrivere in modo chiaro e comprensibile le leggi. La seconda: i giuristi, i linguisti, i comunicatori, questi soloni della nitidezza espositiva, da chi sarebbero valutati allo scopo, dal momento che proprio le tre categorie annoverano numerosi e pericolosi inquinatori della nostra morente lingua?

Infine, l’obiezione ancor più decisiva attiene al processo di legiferazione come è venuto conformandosi sotto il peso del positivismo giuridico. Se la legge è l’atto volontario di un manipolo di legislatori, la qualità lascia inevitabilmente a desiderare non solo perché i legislatori, pure senza volerlo, sono i più fallibili tra gli esseri umani, ma anche perché l’atto legislativo è divenuto più un fatto politico che un fatto giuridico, con tutte le conseguenze connesse. La creazione del diritto è troppo complessa per essere affidata a parlamentari indifferenti alla coerenza complessiva ed organica dell’ordinamento giuridico. Legiferare è diventato un parossismo dove il “presto” prevale sul “bene”. Ne sono consapevoli pochi rappresentanti avveduti, spesso veri giuristi senza esserlo professionalmente. La “legge” creata giornalmente di corsa nelle aule parlamentari avrà di rado la qualità del vero “diritto” che sgorga invece spontaneo dalla società nel corso dei secoli per utilità generale, contrariamente alla legge quasi sempre speciale e particolare. Arrangiare fatti specifici con norme generali produce qualità scadente della legislazione. La quantità delle leggi poi ne degrada la qualità, ineluttabilmente. E poi oggi le “leggi” in gran parte non sono leggi, ma provvedimenti.

Il “Comitato esplicativo” dovrebbe rifare il trucco agli sgorbi? Somiglia ad un make-up costoso e inutile, mentre occorrerebbero interventi chirurgici demolitivi della potestà legislativa, che una marea di sprovveduti vorrebbe viepiù potenziare, accelerando la procedura parlamentare e persino abolendo il bicameralismo, per mettere la legiferazione in mano a quattrocento deputati, magari del tipo degli stravaganti ideatori del Comitato. La coerenza del cretino sorregge l’aspirazione politica “più leggi di migliore qualità in minor tempo”. Costoro, per essere davvero convincenti, avrebbero dovuto loro stessi spiegare come un Comitato di esperti (sic!), formato financo da tutti Alessandro Manzoni, dovrebbe riuscire a illustrare con “chiarezza espositiva” una legge finanziaria o un decreto milleproroghe, due atti legislativi bisognosi in assoluto di chiarificazione e addirittura di traduzione dal “giuridichese”, l’una e l’altra impossibili tuttavia.

Aggiornato il 05 luglio 2021 alle ore 09:17