Migranti: porte in faccia dell’Unione europea all’Italia

Vinto ai punti il primo round con la Commissione europea sull’approvazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) a valere sui fondi comunitari del Next Generation Eu, Mario Draghi affronta i partner europei sullo spinosissimo tema dell’accoglienza dell’immigrazione clandestina. Ne stanno parlando a Bruxelles i capi di Stato e di Governo dell’Ue, riuniti per il Consiglio europeo. Per il nostro premier non sarà una passeggiata. Si tratta di provare a scardinare il muro finora inscalfibile che l’Ue ha innalzato per proteggersi dalla scellerata politica di accoglienza indiscriminata attuata dai governi italiani negli ultimi 7 anni.

Lo ha compreso Draghi e dobbiamo ficcarcelo in testa anche noi quando fingiamo di non capire l’ostilità dei nostri vicini sull’argomento. Il premier italiano ha un peso politico e una credibilità internazionale indiscutibili. Tuttavia, non è attrezzato per fare miracoli. Soprattutto, quelli sbagliati. Chiariamo un concetto fondamentale: non è vero che gli altri Paesi si disinteressino alla questione dei migranti. Se ne occupano, ma non nel modo desiderato dai “buonisti” nostrani. Non più tardi dello scorso mese di maggio la presidenza del Consiglio e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo provvisorio su uno schema di direttiva in merito alle condizioni di ingresso e di soggiorno di cittadini altamente qualificati provenienti da Paesi terzi, disponibili a vivere e lavorare nell’Ue.

Qui sta il punto: cittadini extracomunitari altamente qualificati, cioè in grado di recare valore aggiunto alle nazioni ospitanti e capaci di integrarsi nell’acquis comunitario. Per costoro è prevista una Carta blu Eu che concretamente si traduce in: facilitazione alla mobilità intra-Ue; agevolazione del ricongiungimento familiare; semplificazione delle procedure di assunzione per i datori di lavoro; concessione di un livello molto elevato di accesso al mercato del lavoro. Nulla a che vedere con la massa di disperati messi nelle mani delle organizzazioni criminali africane a tentare la sorte nella traversata in mare dalle coste della Libia, della Tunisia, dell’Algeria e del Marocco verso l’Italia o la Spagna.

Ora, pensare di andare a Bruxelles per convincere gli altri a prendersi i poveri cristi che sbarcano illegalmente da noi è un’illusione. E neppure tanto pia, perché dopo anni di porte in faccia ricevute, i nostri governanti non possono non sapere che la strada della ripartizione dei clandestini sia risolutamente sbarrata. E non si tiri in ballo la manfrina del “cattivoneViktor Orbàn che si opporrebbe a ogni gesto solidaristico verso l’Italia: è una castroneria figlia della peggiore manipolazione demagogica. Nessuno li vuole, a cominciare dai paradisi delle socialdemocrazie nord-europee. Tanto per stare ai numeri reali, sapete per quanti dei 19.360 immigrati sbarcati da inizio 2021 al 24 giugno l’Italia ha ricevuto la disponibilità alla ricollocazione in altri Paesi Ue? Ventidue. In dettaglio: 10 in Lituania, 2 in Lussemburgo e 10 in Irlanda (fonte, sito on-line Analisi Difesa). Uno spiraglio all’accoglienza potrebbe aprirsi ma solo per i migranti meritevoli di asilo politico: praticamente nessuno tra quelli che approdano sulle coste italiane. Già, perché costoro non fuggono dalla guerra o dalle calamità naturali: sono migranti economici.

Dai dati ufficiali del ministero dell’Interno si evince che le prime 4 nazionalità di appartenenza degli individui sbarcati illegalmente in Italia o soccorsi in mare nelle acque del Mediterraneo centrale nel 2021 sono: Bangladesh, Tunisia, Egitto, Sudan. Non risulta che in queste zone siano in corso guerre. Chi vogliamo prendere in giro? Si obietterà: il problema comunque c’è e ricade principalmente sull’Italia. La risposta più ovvia è che la situazione di crisi ce la siamo cercata allo scopo di dare spazio a un’ideologia multiculturalista e aperturista di estrema pericolosità per la difesa degli interessi e della sicurezza nazionali. Basterebbe fare l’esempio della Spagna per comprendere quanto l’Italia sia in errore. Il Governo di sinistra del socialista Pedro Sánchez nel maggio scorso non si è fatto scrupolo nell’inviare l’esercito ai varchi di frontiera dell’enclave spagnola di Ceuta in terra d’Africa per fermare l’assalto di una massa d’immigrati clandestini dal Marocco. In realtà, l’orientamento dei Paesi Ue, a cominciare dalla Germania, mira a risolvere a monte il fenomeno con una serie d’interventi economici finalizzati a investimenti nei Paesi di provenienza dei migranti.

La filosofia è giusta: se si vuole evitare che partano bisogna creare le condizioni perché le popolazioni autoctone possano condurre a casa loro una vita dignitosa ed economicamente sostenibile. Dov’è che crolla l’ipocrisia buonista italiana? La politica delle porte spalancate li incentiva ad affrontare i viaggi della disperazione con l’obiettivo di approdare in Italia. Ammesso che una parte di loro vi riesca, una volta accolti con grande enfasi umanitarista sul suolo patrio cosa li mettiamo a fare se manca il lavoro per i nostri concittadini e se, nel 2020, poco più di due milioni di famiglie e oltre 5,6 milioni di individui sono stati in condizione di povertà assoluta (fonte Report Istat- Anno 2020)? Li affidiamo alle “amorevoli cure” del caporalato perché vengano sfruttati e schiavizzati per il mercato nero del lavoro o a quelle ancor più amorevoli della criminalità organizzata?

La partita che si è aperta a Bruxelles ha un finale già scritto. Circola ufficiosamente una bozza delle conclusioni del Consiglio europeo che l’Ansa ha anticipato. Cosa è detto nel documento? Nulla che non si sapesse già: il rafforzamento di una road map che preveda obiettivi e azioni concrete per le partnership con i Paesi di origine e transito delle migrazioni. Testualmente: Il Consiglio europeo invita la Commissione e l’Alto rappresentante, in cooperazione con gli Stati membri, a presentare piani d’azione per i Paesi prioritari di origine e transito delle migrazioni nell'autunno 2021, indicando obiettivi, ulteriori misure di sostegno e tempistiche concrete... il Consiglio invita la Commissione a fare il miglior uso possibile di almeno il 10 per cento della dotazione finanziaria del Fondo per il vicinato, lo sviluppo e la cooperazione internazionale (Ndici), nonché di finanziamenti nell’ambito di altri strumenti pertinenti per azioni sulla migrazione, e di riferire al Consiglio entro novembre”.

A meno di clamorosi colpi di scena è così che andrà con i partner europei. Una totale frustrazione per le pretese (lunari) italiane in ordine allo smistamento continentale dei nuovi arrivi. Non riusciamo a valutare se tutto ciò sia più assurdo o più paradossale o entrambe le cose, specie se si considera che il Governo italiano di concreto avrebbe potuto ottenere la piena implementazione della missione aeronavale europea denominata Operation Eunavfor Med Irini aggiungendovi il rafforzamento del controllo delle frontiere esterne dell’Unione. Tra i compiti di missione, “Irini”, peraltro comandata da un contrammiraglio della Marina italiana, ha quello dell’individuazione e controllo delle reti di traffico e tratta di esseri umani attraverso la raccolta di informazioni e il pattugliamento in alto mare effettuato con mezzi aerei, nel teatro dell’operazione convenuto. Gli accordi istitutivi dell’operazione aeronavale prevedono che coloro che dovessero essere salvati saranno sbarcati in porti messi a disposizione dalla Grecia e di volta in volta redistribuiti tra i Paesi che volontariamente si presteranno.

Grecia, non Italia. Ora, è chiaro il perché tutto il caravanserraglio della sinistra, delle Organizzazioni non governative, dell’associazionismo cattocomunista, dei multiculturalisti in servizio permanente vogliono che le navi dell’operazione “Irini” stiano alla larga dalle rotte dei migranti? Se fossero i militari a raccogliere i clandestini dalle acque del Mediterraneo centrale saprebbero dove portarli. Vorremmo che il presidente Mario Draghi, che non pare affetto dalla sindrome del tutti-a-casa-nostra, si focalizzasse sul come utilizzare al massimo le potenzialità di “Irini” piuttosto che peregrinare per le capitali europee con il cappello in mano a piatire l’altrui aiuto. Mendicare si addice poco al profilo di un banchiere. Figurarsi a quello di uno statista.

Aggiornato il 25 giugno 2021 alle ore 10:00