La laicità della Repubblica

La nota diplomatica della segreteria di Stato vaticana sul Disegno di legge Zan ha riacceso il dibattito sui rapporti fra Santa Sede e Stato italiano e sulla laicità di questo.

Capovolgendo l’ordine tradizionale del ragionamento, muovo da alcune domande che solo alla fine troveranno risposta. Cosa accadrebbe se uno Stato confessionale di religione diversa da quella cattolica bussasse ad una nostra ambasciata per chiedere formalmente la reintroduzione nell’ordinamento italiano della potestà patriarcale sulla moglie e sui figli? Oppure il riconoscimento del matrimonio bigamo? Come considereremmo queste richieste, siccome presentate alla stregua di “verità rivelate da Dio”?

Per adesso lasciamole sullo sfondo e andiamo alle questioni sollevate dalla nota della Santa Sede che, sia detto subito, si basa proprio su “verità rivelate”, ritenute antropologicamente indisponibili.

Il 17 marzo 1861 il fondatore di questo quotidiano, Camillo Benso conte di Cavour, durante il suo primo discorso nel nuovo Parlamento unitario, riprese da Charles de Montalembert la frase: “Libera Chiesa in libero Stato”. La pronunciò indicando un percorso che lo Stato unitario avrebbe dovuto seguire. Cavour voleva guardare oltre il contingente e ci riuscì perché pronosticò, in qualche modo, quel che sarebbe accaduto negli anni a venire.

Per l’articolo 7 della Costituzione del 1947, infatti, “lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”, e per l’articolo 8 “tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge”.

Nel famoso “Discorso sulla Costituzione”, nel 1955 Piero Calamandrei – per spiegare l’ossatura della Carta – richiamò proprio queste norme che aveva contribuito a scrivere in prima persona e aggiunse: “Ma questo è Cavour che parla”. “Grandi voci lontane, grandi nomi lontani”, proseguì, qui convenuti a ricordare “tutta la nostra storia, tutto il nostro passato”.

Ecco la separazione degli ordini interni, spirituale quello della Chiesa, temporale l’altro. Ecco la laicità della Repubblica, che la Costituzione rafforza ulteriormente negli articoli 2, 3,19 e 20. Per l’Italia, a differenza di altri Paesi, è una conquista recente e dunque ancora debole, da proteggere con cura, come lo stesso Calamandrei ricordò in più occasioni e come emerge dai lunghi lavori che sul punto svolse l’Assemblea costituente.

La nota della Santa Sede ci pone inaspettatamente davanti alla storia e ci interroga su una questione fondativa dello Stato moderno, che va oltre il tema dell’omotransfobia. Anzi, si può dire che questo è puramente accidentale, nel senso che la questione fondativa prescinde da esso.

Fino a che punto uno Stato estero, in ragione del suo ordine spirituale interno, può interferire formalmente nella sovranità dell’ordine temporale dello Stato italiano? Perché la nota della Segreteria vaticana si basa proprio su quell’ordine, parlando espressamente di origine rivelata della differenza sessuale.

In altre parole, indipendenza e sovranità dei nostri organi costituzionali possono essere formalmente compromesse da Stati esteri che, nell’esercizio e per l’esercizio del loro ordine spirituale, invocano il riconoscimento di valori da essi stessi considerati indisponibili? Come testualmente recita la nota vaticana, infatti, i valori richiamati sulla sessualità “derivano dalla stessa Rivelazione divina, dal Magistero autentico del Papa e dei vescovi” e dunque, per il loro ordine, assolutamente indisponibili.

Non si nega, è perfino banale dirlo, il diritto della Santa Sede di intervenire nel dibattito pubblico, né di esprimersi, organizzarsi, parlare al suo popolo e al popolo non suo. Nessuna limitazione, e non soltanto perché è il concordato a garantire la sede di Pietro, ma perché è la Costituzione, proprio perché laica, a proteggerla.

Com’è facile comprendere sulla questione fondativa, a Costituzione repubblicana in vigore, hanno scarsa incidenza i Patti Lateranensi e il Concordato del 1984. Essi, secondo le regole del nostro ordine temporale, possono venire in considerazione in sede di verifica di legittimità di una legge che li violasse. Proprio come accadrebbe se la legge temporale violasse un qualsiasi altro trattato internazionale o accordo bilaterale, qual è il Concordato.

Siamo proprio sicuri, allora, che la laicità dello Stato non debba essere difesa con le unghie e coi denti anche da chi si professa cristiano o cattolico, di destra o conservatore? Se ora non lo facessimo tutti, domani potremmo non sapere cosa rispondere a chi venisse a domandarci di riconoscere altre “verità rivelate”.

Ecco, le domande iniziali trovano adesso risposta. Qui sta la forza del Risorgimento, della visione di Cavour e della sua stupefacente attualità. Qui sta la forza della Costituzione, che proprio nella laicità garantisce tutti. A noi il compito di proteggere la sua forza.

(*) agiovannini.it

Aggiornato il 28 giugno 2021 alle ore 10:08