“Devo lavorare molto, devo studiare, devo tenere lezioni e seminari. Devo curare malati e sono stufo di ripetere le stesse cose: 15 giorni di riposo totale, niente tv e giornali. Una quarantena televisiva? Assolutamente sì. Farò dei tweet se sarà necessario”.
Così ha dato l’annuncio, ad una inconsolabile Bianca Berlinguer, della sua quarantena volontaria il professor Massimo Galli, il più savonarolesco dei virologi televisivi che stanno terrorizzando il Paese da oltre un anno a questa parte.
Ora, sottolineando che anche noi aperturisti siamo arcistufi di ascoltare le stesse prediche di un signore che ci ricorda ossessivamente che dobbiamo morire, la ritirata strategica dagli schermi televisivi dell’infettivologo somiglia maledettamente a quella del Sars-Cov-2 che, al pari di altri analoghi virus respiratori, nei mesi caldi si prende una lunga pausa.
In questo caso, avendo annunciato sciagure dopo le molto parziali e assolutamente insufficienti riaperture primaverili, sciagure che ovviamente non ci sono state, Galli sembra aver preso la palla al balzo delle polemiche ostili per ritirarsi in buon ordine. Memore probabilmente della colossale topica presa lo scorso anno dai suoi colleghi dell’Istituto superiore di sanità, che in un documento ufficiale prevedevano 151mila ricoveri in terapia intensiva dopo le riaperture del 2020, il nostro eroe avrà ritenuto più prudente sedersi sulla riva del fiume, in attesa di una eventuale nuova ondata autunnale del virus.
Ma dato che, come ha più ricordato Giorgio Palù, virologo di fama mondiale, sul piano storico non si conosce una pandemia che sia durata più di due anni (considerando che ora abbiamo pure il vaccino), è assai probabile che il buon Galli, dopo esserci rientrato per due settimane, nei ranghi dovrà restarci a tempo indeterminato, in attesa della prossima sciagura virale.
Nel frattempo, ci auguriamo che l’illustre direttore del reparto di Malattie infettive del Sacco di Milano, oltre a tutte le belle cose che ha annunciato di voler fare, trovi il tempo per dedicarsi alla raccolta e all’analisi dei numeri riguardanti il Coronavirus. Forse alla fine scoprirà che gli asintomaci o i paucisintomatici rappresentano realmente la stragrande maggioranza delle persone che hanno incontrato il virus. Come ripeteva spesso il grande Alberto Manzi, indimenticabile maestro televisivo degli anni Sessanta, “non è mai troppo tardi” per imparare.
Aggiornato il 21 maggio 2021 alle ore 09:41