Davide Casaleggio: un Nelson a Trafalgar

Parliamo di Movimento Cinque Stelle. Meglio chiarire: di quella parte dell’universo pentastellato che non si riconosce nella mutazione genetica in senso democristiano prodotta dall’ala governista e pro-establishment del grillismo. La componente in fase evolutiva è quella che fa capo, riguardo all’ancoraggio ideologico, a Davide Casaleggio e all’Associazione Rousseau. Non è un caso che il figlio ed erede del “visionario” Gianroberto, padre del grillismo doc, sia in rotta di collisione con la frazione governista del Cinque Stelle fedele a Mario Draghi, più tiepidamente a Giuseppe Conte, ma graniticamente devota ai propri egoismi carrieristici.

Sbaglia chi pensa che Davide Casaleggio sia un disperato in cerca di vendetta. Lui e il suo team di teste d’uovo hanno un progetto chiaro intorno al quale aggregare un nuovo consenso. Il tutto muove da tre domande: il bacino elettorale che nel 2013 e nel 2018 si è riconosciuto nel Movimento Cinque Stelle si è dissolto? Si è evoluto in direzione di un’integrazione nel sistema di potere dominante in Italia e in Europa? É rifluito in altre esperienze partitiche? Non v’è dubbio che il grillismo abbia perso gran parte del suo elettorato a causa della svolta “europeista” che portò nell’estate del 2019 il Movimento a diventare sostenitore convinto della candidatura della tedesca (pupilla politica di Angela Merkel) Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea. Il salto mortale ideologico con triplo avvitamento demagogico è riuscito a tenere i grillini nella stanza dei bottoni. Tuttavia, al successo della manovra di palazzo non ha corrisposto l’apprezzamento da parte degli italiani.

I vinti della globalizzazione, il “popolo degli abissi” come li ha definiti con appropriata espressione il professore Giulio Sapelli, che avevano visto nel grillismo un approdo per la canalizzazione delle loro istanze (ribellistiche) all’interno dell’alveo costituzionale, si sono sentiti traditi. Quel popolo esiste ancora? Di certo l’emergenza pandemica ha generato una sospensione delle dinamiche sociali. Nondimeno, la circostanza che il Paese sia impegnato in uno sforzo corale a tirarsi fuori dai guai non ha annullato le differenze di visione, che restano. Domata la pandemia, coloro che prima pensavano che un mondo globalizzato trasformato in una giungla senza regole fosse da contrastare con ogni mezzo torneranno a crederlo, perché difficilmente saranno diventati disponibili e remissivi verso quelle forze economiche di dimensione planetaria che li avranno nel frattempo impoveriti. Quindi, un potenziale universo protestatario a cui rivolgersi ci sarà ma non saranno i Luigi Di Maio e i Giuseppe Conte a potervi accedere.

Davide Casaleggio lo ha capito molto bene. In politica vale una regola aurea: il vuoto si colma. Lo spazio lasciato libero dal tradimento pentastellato l’avrebbe potuto occupare la Lega di Matteo Salvini: aveva i numeri e, fino a un certo momento, anche l’offerta politica rispondente alle istanze di cambiamento radicale del sistema. L’anti-mondialismo salviniano ha viaggiato negli anni della sua crescita esponenziale lungo la linea di faglia che lo separava dal “populismo” grillino. Talvolta quella linea di confine è stata varcata spingendo alla sovrapposizione i campi magnetici delle due forze politiche. Per stare agli esempi, quando Matteo Salvini tuonava contro l’immigrazione illegale, Luigi Di Maio gli faceva da contraltare, chiedendo il pugno di ferro contro i “taxi del mare” delle Ong. Poi, anche la Lega ha modificato la rotta decidendo di salire sulla barca timonata da Mario Draghi. Si dirà: è stata una scelta obbligata per dare risposte immediate e concrete a una parte maggioritaria del proprio elettorato, composta dai piccoli e medi imprenditori del Nord che minacciavano di non seguire più il “Capitano” nella sua strategia di scontro frontale con l’Europa e con i santuari della governance del Paese. Scelta comprensibile che, tuttavia, non poteva non avere controindicazioni.

La costante perdita di consenso che i sondaggi rilevano sul partito di Salvini si spiega col flusso in uscita di quella quota di elettorato che ha creduto nella proposta anti-sistema del leader leghista. Qui, però, la vulgata dei media prende un granchio nel pensare che quei voti “liberati”, in base alla logica dei vasi comunicanti, vengano meccanicamente drenati da Fratelli d’Italia. Non è così. Il fatto poi che, pur variando i volumi degli addendi nelle percentuali assegnate dai sondaggi ai singoli partiti, la somma di consensi alla coalizione della destra plurale non cambi è una circostanza fortuita. Il profilo conservatore, scarsamente autonomista, marcatamente di destra della compagine erede delle tradizioni del Movimento Sociale italiano e di Alleanza Nazionale non pesca tutti i consensi dall’area del “populismo” post-ideologico che ha ispirato il primo Salvini.

Piuttosto, Giorgia Meloni sta compiendo un imponente recupero di quel bacino di moderati nemici del comunismo in tutte le sue sfumature e declinazioni, legati al berlusconismo della prima ora, i quali, delusi dall’inefficacia riformatrice dei governi di centrodestra, col passare degli anni si sono rifugiati nell’astensionismo. A Davide Casaleggio è bastato fare “2+2” per rimodulare il target. Al momento, dal vascello Rousseau è in corso un cannoneggiamento dell’artiglieria posizionata sulla linea di mezzeria del blog delle Stelle: il tradimento dei “governisti” allergici all’idea di dover rispettare la regola cardinale dei due mandati nelle assemblee elettive. Era scritto sul blog, sotto il titolo emblematico: La politica non deve essere una carriera, “Il Movimento 5 Stelle è fatto da cittadini, non da eletti ed elettori. Qualche eletto non lo ha forse capito. Ci si candida per spirito civico, per attuare un programma, non per presenzialismo, per carriera politica”.

Il secondo passaggio che Casaleggio ha in mente è già alle viste: la battaglia a colpi di carta bollata per la consegna ai Cinque Stelle dell’elenco degli iscritti alla piattaforma Rousseau. Il figlio di Gianroberto sta giocando con i “leaderini” pentastellati al gatto e al topo. Forte di una robusta motivazione giuridica – il Movimento 5 Stelle è senza rappresentante legale – il capo di Rousseau si rifiuta di consegnarli ai suoi ex compagni di viaggio che chiama ironicamente “No lex”. Sa però che non potrà sottrarsi a lungo alla richiesta: qualcosa dovrà concedere. Perciò ha optato per quella che calcisticamente si definirebbe una melina. Tiene la palla, ricorrendo all’interpretazione letterale della legge sulla Privacy per dare il tempo al suo progetto politico di decollare.

È scritto sul blog: “I dati degli iscritti sono degli iscritti stessi. Sono loro che devono poter decidere con piena libertà l’utilizzo dei loro dati. Nessuno può decidere arbitrariamente al loro posto”. Mossa astuta e sottile che prefigura uno scenario sorprendente: Casaleggio terrà gli elenchi fin quando non sarà posto dai suoi nelle condizioni operative di compulsare gli iscritti sull’alternativa: volete restare con noi o andare con i traditori del progetto originario? L’operazione “Controvento”, il nome scelto da Casaleggio per la sua nuova avventura politica, prenderà il via dallo svuotamento anche solo parziale della base del Movimento Cinque Stelle. Avrebbe come leader carismatico il “descamisadoAlessandro Di Battista che, al momento, resta ai bordi del campo a riscaldarsi i muscoli. Se il colpo dovesse riuscire, i pentastellati asserragliati in Parlamento si troverebbero in piena campagna elettorale per le amministrative d’autunno privi di una militanza di riferimento. Un suicidio.

Da tempo sosteniamo che il Cinque Stelle sia una barca che imbarca acqua da tutti i lati. Non sapevamo però chi avrebbe dato il colpo d’ascia definitivo al madiere portante della navicella grillina per mandarla a fondo. Adesso lo sappiamo.

Aggiornato il 19 maggio 2021 alle ore 09:42