Le interpretazioni creative della legge

Il problema non è stabilire chi sia garantista e chi no. Il problema è la legge, che consente interpretazioni creative, che ne svuotano o ne arricchiscono il significato, piegandolo alla bisogna di chi la utilizza. Si può essere garantisti fin che si vuole, ma non si può vincere contro l’aberrazione del diritto vivente, forgiato da mani sapienti ed abilissime, vere (ed uniche) responsabili delle distorsioni alle quali assistiamo da troppo tempo. Non è vero?

Un paio di esempi, tanto per rinfrescare la memoria degli odierni scandalizzati. Dove eravate quando qualcuno, con arguzia incommensurabile, narcotizzò i vostri cervelli, inducendovi a credere che la prevedibilità delle decisioni non fosse un mero corollario del principio di legalità (e di tipicità), ma la traduzione pratica di un altro principio, inesistente nel sistema, quale quello della nomofilachia “forte”? Eravate ad applaudire.

E dove eravate quando (sempre) quel qualcuno manipolando i concetti riuscì a stravolgere la portata di norme equivoche, aprendo le porte alla violazione dei principi costituzionali? Ricordate l’accezione del concetto di criminalità organizzata esteso ben oltre la lettera della legge? Della confisca in assenza di condanna (ma sulla base di una motivazione non censurabile) conservate memoria?

Quello che accade oggi, insieme a tutto il resto, ne è la logica conseguenza: l’approdo inevitabile di un sistema nel quale il potere di incidere sull’intero ordinamento deriva dalla consapevolezza di detenere insindacabilmente lo strumento che consente di fare qualunque cosa. E di usarla, quando è il caso, arbitrariamente. I sudditi, come da copione, applaudono sempre. Senza capire.

Aggiornato il 10 maggio 2021 alle ore 09:14