La legge Zan persegue l’impossibile mediante l’inutile

Un principio fondamentale del diritto, ormai abbandonato nell’epoca dell’irrefrenabile positivismo giuridico indotto dall’onnipotenza parlamentare, alle mie orecchie antiquate suona così: “Se non è indispensabile, è una cattiva legge”. Non basta l’utilità a fare una buona legge, infatti, sebbene l’utilità generale sia alla base del vero diritto. La “legge Zan” costituisce di per sé un modello esemplare di violazione di quel principio che mi sta tanto a cuore da desiderarne la sanzione costituzionale e l’iscrizione nell’aula della Camera e del Senato alle spalle della presidenza, monito visibile a tutti i parlamentari. Cosa pretende la legge che darà a Zan e al Parlamento la fama che meritano? La “legge Zan” persegue l’impossibile mediante l’inutile. Affida alla legislazione e alla repressione quello che appartiene all’educazione.

Più di due secoli fa, Jean-Louis de Lolme scrisse che “il Parlamento può far tutto fuorché mutare un uomo in donna e viceversa”. Oggigiorno abbiamo capito che quello studioso, estimatore del governo costituzionale britannico, sbagliava per difetto. Molti Parlamenti del mondo, ma non di tutto il mondo, stanno riuscendo dove de Lolme giudicava impossibile. L’esempio paradigmatico dell’articolo 1 della legge che ribolle nelle Camere italiane dimostra che, anzi, il nostro legislatore è ancora più avanti sulla strada del progresso. Finora le leggi della Repubblica davano per scontato il sesso. La natura lo determinava. Le leggi vi facevano derivare le conseguenze previste, compreso il cambio di sesso conseguito dagli interessati. Da adesso in poi, come desiderano i benintenzionati propugnatori della norma, non sarà la biologia a stabilire il sesso, per quanto mutevole, bensì la mera volontà dichiarata dell’interessato, pur essa mutevole, ma ad nutum, senza parametri al di fuori del mero desiderio del dichiarante. L’articolo 1 sarebbe involontariamente ironico, se non fosse folle. Una legge che dice quel che vi è scritto sembra uscita da una mente orwelliana. Io chiedo ai lettori dell’Opinione di riflettervi leggendo l’articolo 1, dove per la prima volta nella storia un Parlamento, non un poeta o un letterato, ardisce di definire l’amore, una passione indefinibile di per sé.

 “L’attrazione sessuale o affettiva nei confronti di persone di sesso opposto, dello stesso sesso, o di entrambi i sessi” deve intendersi “orientamento sessuale”. L’amore eterosessuale ed omosessuale degradato a “orientamento sessuale”. Hanno copiato da qualche vocabolario la definizione. Per “sesso” s’intende… per “genere” s’intende… per “orientamento sessuale” s’intende… per “identità di genere” s’intende, eccetera eccetera.

I sostenitori della “legge Zan” affermano che serve a proteggere gli appartenenti a quelle categorie dallo scherno e dalla denigrazione che potrebbero trasmodare nell’istigazione a commettere reati a loro danno. In questo essa costituisce un modello esemplare altresì del “dirittismo”. Cos’è il “dirittismo”? “Ogni pretesto che giustifica la pretesa di un diritto”. Solo il “dirittismo”, un’aberrazione del diritto, riesce a conferire a gruppi d’individui, senza ragione sufficiente, una protezione speciale che risulta semplicemente illegittima alla luce dell’uguaglianza legale, la base della democrazia liberale.

Non basta. L’articolo 4 non è meno aberrante. Ecco il testo: “Ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”. Questo articolo è, all’evidenza, incostituzionale per diversi motivi. L’articolo 21 della Costituzione, definito dalla Consulta “pietra angolare dell’ordine democratico”, viene “riscritto” dall’articolo 4 della “legge Zan” per modo che, con un’acrobatica inversione della gerarchia delle fonti, quando ci sono di mezzo persone di quelle categorie “protette”, sarà la Costituzione ad essere interpretata in conformità della legge anziché viceversa.

I reati aggravati o istituiti dalla “legge Zan” sono già previsti da altre leggi. Sono i magistrati, non il Parlamento (a meno che non introduca chiaro e tondo l’espresso divieto di nominare invano il semplice nome delle persone “protette”) a dover giudicare le fattispecie concrete, cioè le caratteristiche soggettive ed oggettive delle condotte incriminate, nelle quali la libertà di manifestazione del pensiero possa integrare, in quel caso specifico, la fattispecie astratta del reato già previsto.

È stupefacente che una proposta di legge, esaminata dalla commissione giustizia, con il parere della commissione Affari costituzionali, rivista magari dal comitato per la legislazione, possa contenere una norma liberticida, pericolosa, incostituzionale come l’articolo 4. Se anche il Senato dovesse adottare il monstrum della Camera, il costituzionalista Sergio Mattarella, presidente della Repubblica, dovrebbe rinviare la legge alle Camere, almeno per scuoterle dalla torpida mentalità che affligge i corrivi adoratori dell’idolum fori.

Aggiornato il 10 maggio 2021 alle ore 09:20