Il caso Biancaneve: censura eterea e post-moderna

Il caso Biancaneve-Disney è esemplare perché mostra come funziona la nuova censura in Occidente. “Biancaneve dorme e dunque il bacio non è stato consensuale. Non può essere un bacio di vero amore”. Così è suonato l’anatema censorio di due giornaliste americane sull’edizione digitale del “San Francisco Chronicle”.

“Insegnare ai bambini che baciare un’altra persona, se entrambe non sono d’accordo, non va bene” hanno continuato le due bacchettone nel loro delirio moralistico. La Disney si è già adeguata cancellando il baciorubato”. Già l’anno scorso il canale in streaming Disney+ ha aggiornato le “avvertenze” per cartoni come “Dumbo”, “Peter Pan” e “Gli Aristogatti” per sensibilizzare grandi e piccini a potenziali contenuti “razzisti”. Il caso Biancaneve mostra non solo l’assurdo ed il ridicolo a cui giunge il tragicomico moralismo bigotto politicamente corretto, che investe persino la materia eterea e simbolica delle favole, ma anche le forme “eteree” e le intenzioni censorie e pedagogiche della ondata di nuova censura post-moderna che sta investendo l’Occidente.

La censura, la gogna e l’Inquisizione stanno tornando nella più libera civiltà della storia umana. La libertà di espressione delle opinioni e la tolleranza sono in pericolo proprio nella parte del mondo che hanno dato loro i natali. Credevamo di esserci liberati per sempre del fanatismo confinandolo al tempo del (calunniato e in bona parte immaginario) Medioevo. Dopo la caduta del comunismo non eravamo diventati in Occidente tutti liberali? E invece no! Eccoli qui di nuovo tra noi quei mostri “medievali”. Stanno ritornando in forme diverse, certo. Mediatiche certo, come si conviene alla modernità tecnologica e telematica, chiamata “post-modernità”. Che assomiglia tanto alla pre-modernità. Con la differenza che l’Inquisizione del passato fu tragica, quella post-moderna è tragicomica. La storia si ripete in forma post-moderna e di farsa tragicomica.

Vecchia e nuova Inquisizione

Non c’è più certo un Sant’Uffizio che mette all’Indice o manda al rogo libri ed eretici. Non c’è nemmeno un Grande Inquisitore, come il famigerato Tomás de Torquemada (che visse nel rinascimentale Quattrocento e non in epoca “medievale”) e che abbia il ghigno fanatico dell’attore Murray Abraham, il Bernardo Gui (lui sì medievale) nel film “Il nome della rosa”. No. Oggi c’è l’Inquisizione eterea: i novelli tribunali dell’Inquisizione e i nuovi inquisitori sono collettivi, impersonali, e letteralmente eterei. Si costituiscono informalmente ed emettono le loro sentenze soprattutto nell’etere televisivo ed informatico e anche sulla carta stampata. I loro roghi non bruciano materialmente pagine di libri e carne ed ossa umane, ma inceneriscono anime, cuori, reputazioni, meriti, sogni. Sono fatti della stessa materia degli incubi.

Non uccidono fisicamente, moralmente: imbavagliano, condannano al silenzio e bandiscono uomini e donne che nei media, nella loro libertà di esprimersi con parole e con scritti hanno trovato la loro ragione di vivere e i loro mezzi di sussistenza. Li bandiscono dalle Università, dalle case editrici, dai giornali e soprattutto dall’etere televisivo ed informatico come eretici. Oppure li condannano alla irrilevanza. Su di loro viene stesa una cortina di silenzio. Sono eterei anche i roghi della nuova Inquisizione, ma fanno quasi altrettanto male e impartiscono i lancinanti dolori del bavaglio, dell’esclusione e della depressione a chi è vittima di gogna mediatica ed eterea. I nuovi eretici vittime delle censure e delle nuove gogne sono, come nel passato medievale e rinascimentale soprattutto coloro che di parole, di scritti vivono: intellettuali in senso lato, cioè professori, scrittori, filosofi giornalisti. Ma come avveniva anche in passato talvolta nelle gogne vengono implicati anche “cittadini comuni” specie se hanno tendenze e pretese intellettuali: l’ortodossia vale “erga omnes”.

Anche i carnefici, i difensori arcigni dell’ortodossia sono soprattutto intellettuali, ma appartenenti a quella nuova loro specie che è “l’intellettuale collettivo di massa”. Le nuove censure non vengono più dal potere religioso né direttamente dal potere politico, ma vengono da una sorta di partito informale degli intellettuali “illuminati”, di cui fanno parte integrante anche giornalisti e conduttori radio-televisivi “ben guidati”. Ad essi si associano volenterosi collaboratori, sempre pronti a portare il loro legnetto immateriale per alimentare il rogo virtuale. L’ortodossia ha sempre richiesto la collaborazione del conformismo dell’uomo-massa.

Una nuova religione

Certo oggi l’ortodossia non è più quella religiosa, cristiana ovviamente. Anzi questa è considerata sospetta se non eretica dalla nuova ortodossia di pensiero a difesa del quale incombe il Grande Inquisitore etereo collettivo. La nuova ortodossia ha tutte le caratteristiche di una nuova religione, sia pure non trascendente, ma immanente. Chiamiamola con il suo nome: è il pensiero unico politicamente corretto, che ha il suo bravo decalogo “anti-discriminazionista”, “anti-razzista”, “anti-sessista” e, ovviamente “antifascista”. E ha quindi il suo conseguente codice canonico laico ed etico-politico fatto di arcigne proibizioni e prescrizioni di linguaggio e di pensiero. Esso conduce per varie ragioni a bizzarri paradossi: a vere e proprie discriminazioni che nascono dalle iniziative degli anti-discriminazionisti. Esso porta ad un’intolleranza dei presunti tolleranti, ad un razzismo dei presunti “antirazzisti”, ad un sessismo degli “anti-sessisti” e ad un fascismo dei presunti “antifascisti”. Sulle ragioni per cui ciò avvenga sorvoliamo per ora. Per il momento stiamo ai fatti. Essi parlano da soli e mostrano censure e gogne, al di là di ogni immaginazione ed argomentazione.

Epicentro anglosassone

Il fenomeno ha avuto inizio ed ha il suo epicentro nel mondo anglosassone, culmine e limes dell’Occidente. Non a caso. La tradizione puritana anglosassone è una prima facile spiegazione, ma parziale. Dal mondo anglosassone tende a diffondersi in Europa. Ma stiamo ai fatti. Il nuovo database americano, “Canceled People”, ha elencato i nomi di circa 200 personalità (solo quelle ben note e di primo piano) del mondo culturale, universitario o giornalistico americano e anglosassone che negli ultimi cinque anni sono state sottoposte a gogna mediatica e sono state “cancellate”, o perché licenziate o che si sono dimesse o che sono state comunque “silenziate” solo per avere espresso delle opinioni, indicando anche la data e la motivazione della loro “cancellazione” dalla sfera pubblica e mediatica. È come un elenco di morti e feriti di una battaglia nella guerra culturale unilaterale che l’establishment dei chierici del politicamente corretto ha condotto e conduce contro quei loro colleghi eretici e dissidenti che non rispettano il “decalogo” ed il codice politicamente corretto.

La maggior parte delle vittime menzionate sono americane (144 su 195), 23 sono inglesi, 22 canadesi. Il database registra solo tre dei pur più numerosi clamorosi casi avvenuti in Europa. “Puoi essere cancellato per credere nel sesso biologico, per aver detto che il tuo Paese non è razzista, per avere messo un like sotto un tweet sbagliato, per avere fatto una ricerca sulla disforia di genere, per aver criticato Black Lives Matter e per aver citato uno studio scientifico ritenuto scorretto” si legge sulla prima pagina del database a mo’ di esergo. Sono quelli i nuovi peccati capitali, reati d’opinione per i quali oggi si viene licenziati, esposti al pubblico ludibrio e bruciati in effigie. Sempre in nome della “tolleranza” e dell’“inclusione”.

Europa

Dagli Usa e dal mondo anglosassone queste censure, gogne e cancellazioni si stanno trasferendo nel cuore dell’Europa, dove la nuova Inquisizione oltre che sulla questione del gender si concentra (molto più che in America) sul tema dell’Islam e della presunta islamofobia. Gli inquisitori più attivi in Europa sono soprattutto gruppi salafiti di origine mediorientale, ma sono apertamente appoggiati da associazioni “anti-razziste” e multiculturaliste “contro l’islamofobia”. In Francia ci sono stati circa 300 omicidi ad opera di salafiti musulmani da quando nel marzo del 2012 Mohamed Merah, un ventitreenne jihadista franco- algerino, uccise sette francesi (tra cui tre bambini) e ne ferì altri cinque in tre attacchi nei pressi di Tolosa per la guerra in Afghanistan, per il divieto del velo in Francia e per motivazioni anti-ebraiche.

Ciononostante i gruppi “anti-razzisti” combattono soprattutto la presunta “islamofobia” dei francesi. Sono molte decine i casi di intellettuali francesi protetti dalla polizia perché nel mirino dei salafiti e dei loro manutengoli “anti-razzisti” che li accusano di islamofobia. Tra questi per esempio c’è il giornalista Philippe Val che da quindici anni vive come un fantasma nel proprio paese. Caporedattore (1992-2004) e poi direttore (2004-2009) di Charlie Hebdo, Philippe Val è da anni minacciato di morte da vari movimenti islamisti sempre appoggiati da “anti-razzisti” francesi per avere nei suoi articoli messo in guardia sui pericoli dell’islamismo.

È quest’ultimo il “peccato mortale” che ha portato Klaus Kinzler sotto scorta. Professore all’Istituto di studi politici di Grenoble, Kinzler aveva visto il suo nome e il suo volto affissi sui muri dell’Università, sotto la scritta “fascista islamofobo”, solo perché – hanno scritto i suoi aggressori – “non ha mai smesso di ricordare le origini cristiane della Francia”. Come se questo fosse un reato. Come Kinzler altre decine di professori e qualche giornalista vivono blindati e sotto scorta.

Gli “anti-razzisti prendono spesso di mira spesso intellettuali musulmani e di colore dissidenti. In Francia, la scrittrice di colore Rachel Khan si è attirata aspre critiche e minacce per aver criticato l’antirazzismo, nel suo romanzo “Racée”, dove prende in giro le ideologie “decoloniali” e “intersezionali” che “col pretesto dell’antirazzismo alimentano i risentimenti”. Tra gli epiteti c’è stato anche quello di “domestica nera”. Quando si dice il razzismo degli antirazzisti.

Lo scrittore algerino Kamel Daoud, critico del multiculturalismo, oltre agli editti dei predicatori islamici nel suo Paese, è stato messo sotto accusa da venti accademici di sinistra che, in un appello su Le Monde, hanno accusato addirittura di razzismo. Sempre in Francia la scrittrice turca, Lale Gül, dopo la pubblicazione di un romanzo critico della propria cultura, è diventata il bersaglio di intimidazioni e di minacce di morte attraverso i social media e la famiglia. “Non scriverò mai più di Islam” ha dichiarato. Fenomeni analoghi, censure e persecuzioni avvengono in Belgio, in Olanda e in Germania.

Italia

In Italia i nuovi inquisitori si concentrano soprattutto sulle violazioni dell’ideologia del gender e dei relativi “diritti”. Nel luglio 2015 un vero linciaggio mediatico subì la conduttrice televisiva Lorella Cuccarini soltanto perché aveva espresso critiche alla pratica della maternità surrogata (peraltro penalmente sanzionata allo stato attuale della legge italiana come di moltissimi altri Paesi). “Io sono favorevole alle unioni civili ma i figli non sono un diritto. E non si comprano. Punto. Chi non è d’accordo rispetti le opinioni altrui”. Apriti cielo. Fu sommersa da una valanga di insulti e attacchi conditi dalla solita accusa di essere “omofoba”. Campagne analoghe avevano subito gli stilisti Dolce e Gabbana contro i quali il cantante Elton John lanciò il boicottaggio e l’industriale Guido Barilla, che alla fine dovette piegarsi alle ingiunzioni delle lobby Lgbt.

Già nel 2015 suscitò un vespaio e attirò su di sé accuse di omofobia il viceparroco della Chiesa di San Giorgio a Spongano in provincia di Lecce, don Emiliano De Mitri, allora di 33 anni. La sua “colpa” era stata di avere pubblicato sul proprio profilo Facebook un post, in cui avvertiva i parrocchiani che chi di loro avesse sostenuto le rivendicazioni gender non avrebbe potuto fare il padrino o la madrina o il catechista, come prevedono le norme ecclesiastiche.

E chi si ricorda del cardinale di Malaga, Fernando Sebastiàn Aguilar, uno dei teologi più apprezzati da Papa Francesco, processato in Spagna nel 2014 per omofobia solo perché, fedele al proprio credo religioso e alla dottrina della Chiesa, aveva definito l’omosessualità un’inclinazione disordinata. Più recente è stato don Calogero D’Ugo, che nel luglio del 2020 fu sottomesso ad una gogna mediatica e definito “pericoloso”, “delirante”, “schifoso”, “mentitore spudorato” per una sua omelia contro il Ddl Zan. È un assaggio della legge bavaglio che si prepara in Parlamento: chi non si allinea sarà messo alla berlina, in attesa che scatti la galera. La Chiesa di Papa Bergoglio e i suoi vescovi, che sul Ddl Zan sono stati finora cauti e “morbiducci” (l’aggettivo circola su alcuni siti cattolici) sono avvertiti.

Aggiornato il 07 maggio 2021 alle ore 11:59