Luci e ombre del Piano di rinascita

Mario Draghi è il meglio disponibile per guidare la rinascita dell’Italia. Lo premetto per evitare la taccia di detrattore che può piovermi addosso da qualche critica che sto per esporre. Draghi, mia opinione dissenziente, non è un tecnico o soltanto un tecnico o prevalentemente un tecnico. Come non è tecnico il suo governo. La decisione proclamata al mondo di salvare l’euro a qualunque costo non è roba da tecnici, per quanto di altissimo livello. Perché di fronte a lui i partiti si sono aperti come le acque davanti a Mosè? Perché ne hanno dovuto ammettere, seppure obtorto collo, la superiore qualità politica e professionale. A petto della quale Giuseppe Conte cede, ma nessuno ha pensato o detto che il governo Conte era tecnico oppure apolitico. Mario Draghi è a Palazzo Chigi esclusivamente quale mallevadore dell’Italia, per garantire l’adempimento dell’obbligazione assunta (da assumere?) dalla nazione verso l’Unione europea. Garantisce con il suo personale credito internazionale.

Gli sforzi compiuti per individuare gl’impieghi dei fondi europei lo hanno portato a scrivere un altro “libro dei sogni”, come fu definito un programma passato, in ogni senso? Negli ultimi cinquant’anni ho ascoltato, dalla bocca dei presidenti del Consiglio nelle aule parlamentari, comunicazioni del governo simili per vastità d’indirizzi e numero di pagine. Paradossali indirizzi programmatici perché i governi nascevano con la tara della durata. Draghi, invece, avrà il tempo necessario per garantire anche l’esecuzione degli interventi progettati? Io me lo auguro, come tutti, forse, gl’Italiani. Ma la mia perplessità nasce da questa considerazione, che non mi è ancora capitato di leggere, esplicita e netta: Draghi mi appare come chi pretenda di sostituire le ali dell’aereo mentre vi è in volo. In passato i programmi faraonici dei governi, intesi al rinnovamento dalle fondamenta delle branche sociali, venivano irrisi perché mancavano i soldi per realizzarli. Adesso, al contrario, i soldi sono l’unica cosa certa. Almeno così sembra. Però il finanziamento, se ho capito bene, avverrà a piè di lista. E ciò suscita perplessità. L’alta velocità ferroviaria (“alta velocità vera” ha rimarcato in Parlamento Mario Draghi!) Salerno-Reggio Calabria, bell’e pronta entro il 2026, è credibile? La Pubblica amministrazione, impinguata con le migliaia di assunzioni che fanno gongolare Renato Brunetta e Maurizio Landini, sarà il volano dello sviluppo quando riesce a frenare pure le processioni? La burocrazia, da quest’anno, sarà rivoluzionata. Così è scritto.

Da ultimo, ma non per ultimo, resta l’indirizzo complessivo della rinascita, la sua “filosofia”. La politica dell’intervento coinciderà con l’economia dell’intervento? Detto altrimenti, non è sicuro, tutt’altro, che gl’investimenti decisi con le migliori intenzioni saranno approvati dal mercato. Non è affatto sicuro che gl’imprenditori avrebbero impiegato i fondi allo stesso modo. L’Ue ha deciso e il governo ha eseguito. Ma indicare un campo d’intervento come “la transizione ecologica” non dice nulla sulla miriade di iniziative che l’imprenditoria avrebbe potuto prendere invece fuori di quel campo. Lo sviluppo economico, per realizzarsi e consolidarsi, deve procedere come un’esplorazione verso l’ignoto, scoprire e inventare nuovi servizi e nuovi prodotti graditi ad utenti e consumatori. Ed esploratori all’altezza dell’immane ed esaltante compito sono solo gl’imprenditori. Se il governo, cascandogli i soldi dalle tasche, alletta l’economia verso mete prestabilite perché presunte ottimali, resta poco da tentare e intraprendere. Il lido pur raggiunto grazie agli zuccherini della spesa pubblica potrebbe nondimeno rivelarsi un’ultima spiaggia. Un approdo anziché una ripartenza.

Aggiornato il 03 maggio 2021 alle ore 09:06