Arresti, pentiti e onestà intellettuale

Quando si affronta un tema spinoso, qual è quello della riconciliazione, occorre sempre distinguere. Una cosa sono le opinioni politiche, spesso condizionate dalla premessa ideologica; altra e diversa cosa, invece, sono le implicazioni giuridiche.

Sotto quest’ultimo profilo – diciamolo con chiarezza – non c’è dubbio alcuno sulla legittimità della iniziativa delle Autorità italiane volta alla cattura e alla consegna delle persone arrestate (o non arrestate) ieri in Francia.

La prova? Non una sola voce ha contestato l’invalidità delle misure adottate dai francesi. Quindi, quelle misure sono legittime e conformi a legge. Sul piano politico, al contrario, non solo non c’è convergenza, ma difettano anche chiarezza e – consentitemelo – onestà intellettuale.

Quelli arrestati (o non arrestati) ieri sono latitanti. Che, poi, si decida di connotare la locuzione con l’attributo “ex terroristi” non aggiunge nulla e, meno ancora, nulla sottrae al sostantivo appena menzionato. Sono latitanti e, si tenga presente, condannati al termine di un processo. Sono colpevoli, dunque. Sebbene resti qualche perplessità sulla credibilità annessa ai cosiddetti pentiti, le sentenze emesse dall’Autorità giudiziaria sono irrevocabili: pro veritate habentur.

Colpevoli, ripetiamo. Responsabili di gravi fatti di sangue, ovvero, meglio, omicidi di persone strappate agli affetti, alla vita.

Qualcuno dice che il tempo trascorso dai fatti dovrebbe farci riflettere: trattasi di soggetti ormai avanti negli anni, che hanno cambiato vita. È giusta – si dice – la pena che colpisce un uomo (o una donna) a decenni di distanza dai fatti? Non è forse giunto il momento di chiudere una pagina dolorosa della nostra storia?

Dico la mia. Una pena eseguita a lustri di distanza dal fatto appare ingiusta. Che lo sia sempre è un altro paio di maniche. Soprattutto quando – cosa che non sentirete dire – il differimento della esecuzione deriva non già dalla lungaggine inefficiente della Giustizia, ma da una scelta precisa di chi si è sottratto al processo e alla pena stessa, trascorrendo l’intera vita in libertà per non pagare il debito.

Riconciliarsi... beh, intanto vengano qui e dicano che sono pentiti: riparino almeno in parte il danno inflitto a poveri innocenti, alle loro famiglie e alla Repubblica. Vengano qui e se ne parla.

Ultima considerazione. Siamo alle solite: il mondo della cultura si mobilita sempre in questi casi e riesce (sempre) a trovare gli argomenti per giustificare la tesi di comodo.

Se quelle persone arrestate (o non arrestate) in Francia avessero fatto parte dei Nar o di Ordine Nuovo o di Cosa Nostra, siamo sicuri che i grandi della intellighènzia avrebbero detto le stesse cose?

Aggiornato il 29 aprile 2021 alle ore 10:53