Il “Grilletto”

Le esternazioni di Beppe Grillo in difesa del di lui figlio non ci hanno stupito più di tanto. Ci hanno piuttosto intristito, perché ci hanno mostrato un saltimbanco gonfio, paonazzo, imbolsito, invecchiato e per nulla in grado di dissimulare e dissacrare come sempre accade. Per noi, che non siamo grillini vomitanti bile, il sentimento istintivo e naturale è l’umana comprensione per una vicenda che avrebbe fiaccato qualsiasi genitore. Però, di fronte a un simile ragionamento senza freni, la comprensione non può bastare perché necessita di un supplemento di analisi, cui nemmeno un genitore in difficoltà può e deve sfuggire.

Se Beppe Grillo fosse un cittadino qualunque, non dovrebbe né potrebbe permettersi di affermare pubblicamente che i quattro ragazzi accusati di stupro siano degli ingenui intenti a giocare “col pi…lo ciondolante” nel mentre la presunta vittima era palesemente consenziente, tanto da pensarci otto giorni prima di denunciare l’accaduto. Il cittadino comune che avesse argomentato in questo modo avrebbe nel contempo tirato fuori tutto il repertorio machista più becero, offendendo nel contempo la sensibilità di una giovane donna che (otto giorni prima o subito non cambia molto) è salita agli onori della cronaca per essere incappata nella compagnia sbagliata, decidendo di rendere pubblica una violenza capace di segnarla a vita. Se Beppe Grillo fosse stato un anonimo cittadino, avrebbe in poche parole profanato il dolore della presunta vittima insinuando che ella, da consenziente, si sia finta vittima per mero interesse (il solito “se l’è cercata”) assolvendo i quattro ragazzi, rei di essere incappati in una persona perfida mentre volevano solo divertirsi.

Peccato però che Beppe Grillo non sia un cittadino comune ma un capo politico che sul giacobinismo forcaiolo, sugli scandali giudiziari e sui soprusi dei potenti che riescono sempre a insabbiare le loro malefatte, ci ha costruito una carriera e un partito. Il fatto di avere cotanto potere, politico e mediatico, rende tutto diverso trasformando lo sfogo di un padre in un manifesto politico o quasi in un atto intimidatorio verso la controparte piuttosto che verso chi deve fare le indagini. Ciò aggravato dal fatto che il capo Pentastar ingenuamente si domandi per quale motivo le indagini, durate due anni, non abbiano portato all’immediato arresto di suo figlio. Il quale, sempre secondo lui, se fosse stato palesemente colpevole, sarebbe sicuramente finito in galera da un pezzo.

Questa frase, che per molti nasconde un verdetto bruscamente sbattuto in faccia al giudice a mo’ di pizzino, è invece una domanda che – a voler essere maliziosi – nasconde una sequela di ulteriori interrogativi: ma non è che la presenza di un grillino a via Arenula abbia in qualche modo dilatato i tempi del processo, condizionando psicologicamente le indagini? Ma non è che l’alleanza con il Partito Democratico – alla luce degli intrecci tra politica e giustizia descritti da Luca Palamara – sia stato un modo pubblico per risolvere questioni private? Vuoi vedere che il primo Governo Conte non è caduto a causa delle esternazioni al Papeete? E vuoi vedere che l’improvvisa accelerata sulla notizia derivi dal fatto che il Garante del Movimento sia in qualche modo di ostacolo al nuovo centrosinistra del duo Conte- Zingaretti? Sicuramente quello appena descritto è cospirazionismo da quattro soldi, sicuramente le domande che ci siamo posti sono inutili e sbagliate ma, in tutta sincerità, il dubbio ci è venuto per poi liquidarlo come una sciocchezza fantasiosa qualche secondo più tardi.

L’unica certezza che abbiamo invece trova fondamento nella palese disonestà intellettuale di tutti coloro i quali, a vario titolo, vengono annoverati come alleati e sostenitori del Movimento Cinque Stelle. Tutti zitti dopo l’intemerata maschilista di Beppe Grillo, tutti a minimizzare (nella migliore delle ipotesi), a nicchiare se non proprio a tacere. Mute le femministe del Partito Democratico e cespugli dei vari Me too, mute le boldriniane (quelle che di fronte alla differenza tra presidente e presidenta sono pronte a fare le barricate), muti i giustizialisti del Movimento che nelle parole del loro leader non riescono proprio a scorgere un attacco alla magistratura o il fantomatico “conflitto di interessi” tra ruolo pubblico e questioni private, muto Marco Travaglio che su Silvio Berlusconi e Ruby Rubacuori ci ha sguazzato per anni. L’onestà andrà di moda, dicevano quelli del Movimento prima di perdere anche la faccia. Noi quella intellettuale non riusciamo proprio a scorgerla all’orizzonte.

Aggiornato il 22 aprile 2021 alle ore 09:13