I mille ombrelli di Mario Draghi

Al di là di qualche aggiustamento, la sostanza del primo decreto economico del Governo Draghi è simile a quella dei decreti del Governo precedente: risorse a debito – a questo giro 32 miliardi – distribuite alle categorie economiche maggiormente colpite dalla crisi; sostegni alla sanità, agli enti locali, al terzo settore; rifinanziamento del piano vaccinale, dei navigator, del reddito d’emergenza e di quello di cittadinanza, della cassa integrazione e di altri ammortizzatori sociali.

Come detto, qualche novità è stata introdotta, specialmente nelle regole d’individuazione delle categorie destinatarie dei ristori, nelle modalità di erogazione, nella tempistica delle procedure, nei criteri di determinazione dei ristori stessi. Cambiamenti di rilievo, intendiamoci, indispensabili per fare arrivare i sostegni là dove davvero necessari e farli arrivare in tempi rapidi. Quel che non è cambiata, però, è la filosofia di fondo: investimenti in spesa corrente di denari presi a prestito. Mille ombrelli aperti per riparare imprese e famiglie dalla pioggia battente.

Di più e di diverso, c’è il condono. In realtà, è una misura di bandiera che, pur fortemente voluta da Lega e Forza Italia, forse per compensare in punto identitario il rifinanziamento dei navigator e del reddito di cittadinanza, avrà un impatto del tutto marginale sull’economia reale. L’azzeramento delle cartelle esattoriali, infatti, avrà ad oggetto crediti inesigibili e quasi tutti prescritti, già di per sé non riscuotibili.

D’altra parte, se si ragiona con senso di concretezza va pure detto che una sanatoria a tutto tondo era velleitario pretenderla o anche solo attenderla: la presenza in maggioranza di partiti con approcci alternativi in materia fiscale impediva, come infatti ha impedito, soluzioni diverse da quella prescelta. Solo un Governo politico omogeneo, figlio delle urne, potrà affiancare all’auspicabile rivoluzione fiscale un provvedimento di clemenza ampio e generalizzato che, se costruito con saggezza e senza inutili freni ideologici, potrà costituire un volano importante per la futura ripresa.

Il Governo, questo Governo, avrebbe potuto fare diversamente? Non su questo terreno, s’è detto ora. Ma neppure su altri, almeno per il momento. Anzitutto, quando imperversa il temporale la cosa da fare è aprire gli ombrelli o continuare a tenerli aperti. Certo, non possono e non potranno rimanere così all’infinito. Solo privilegiando una visione vetero-comunista dell’economia si potrebbe sostenere il contrario.

Nell’immediato, in un tempo straordinario com’è il nostro, però, non ci sono alternative all’indebitamento e agli aiuti, sempre che s’intenda mantenere la pace sociale e, raggiunta l’“immunità di gregge”, s’intenda provare ad agganciare la ripartenza. Non importa essere keynesiani per praticare politiche di questo genere.

L’altra ragione – ed è la principale – si lega agli scopi del Governo di unità nazionale, di un Governo straordinario, cioè, proprio come straordinario è il tempo presente. I suoi scopi sono due e predefiniti: portare a termine il piano vaccinale, scrivere e attivare il Recovery plan. Messo in sicurezza il Paese da questo doppio punto di vista, arriverà il tempo degli investimenti strutturali, della spesa settoriale e duratura, ma spetterà al Parlamento, a quel punto, disegnare la cornice di politica economica generale e dunque decidere se chiudere gli ombrelli e come passare, finalmente tornati all’ordinarietà, dalla spesa “cattiva” a quella “buona”. Al di là dei soldi del Recovery.

Sarà sempre Mario Draghi a concorrere a queste decisioni, magari con una forza liberale e popolare da lui guidata? Oppure, terminata l’intelaiatura dell’Italia che verrà, lo attenderà il Colle più alto? Troppo presto per dirlo, ancora troppa pioggia bagna il Paese.

(*) agiovannini.it

Aggiornato il 23 marzo 2021 alle ore 09:05