C’era una volta il Popolo delle libertà

Le nuove restrizioni previste con l’ultimo decreto-legge “sono rigorose ma servono. Purtroppo, l’indice Rt ha superato l’1 in tutto il Paese, venerdì 27mila nuovi contagi e quasi 400 morti. Senza misure così rigorose, fra due settimane ci saremmo ritrovati con 40 mila casi al giorno e il doppio delle vittime. Il Governo non ha potuto fare altro che prendere atto, con rapidità, del drammatico impatto delle varianti”.

A sostenere questa ennesima, delirante versione catastrofista della pandemia in atto non è il ministro Roberto Speranza, dal quale orami ci aspettiamo di tutto, bensì Mariastella Gelmini di Forza Italia, attuale titolare del dicastero per gli Affari regionali e le autonomie. A tutta prima, rammentando la vecchia denominazione del partito in cui ha sempre militato questa berlusconiana doc, ci sarebbe da scrivere un breve pamphlet commemorativo dal titolo “C’era una volta il Popolo delle Libertà”. In tal senso, condivido appieno lo sconcerto dell’amico Nicola Porro, espresso nel corso della sua consueta “zuppa” quotidiana, nel prendere atto che il partito unico del virus, il quale da oltre un anno ha instaurato una vera e propria dittatura sanitaria, sembra aver assorbito persino gli esponenti più liberali dell’attuale panorama politico.

Oramai è rimasta la sola Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, a portare avanti una linea di ragionevole opposizione alla follia sanitaria che sta distruggendo ogni parvenza di normalità, imponendo un modello di esistenza vegetativa che con la vita, per come la conosciamo da sempre, non ha nulla a che vedere. Tra l’altro, tornando alle incredibili parole della Gelmini, notiamo la stessa iperbolica visione da catastrofe imminente che, sin dall’inizio di questa tragedia democratica, sta caratterizzando i più accesi sostenitori delle chiusure a oltranza.

Una visione distorta, che pare in grado di obnubilare qualunque tentativo di razionalizzare i dati. Tant’è che la stessa Gelmini ci dice che se con 27mila casi ci sono stati meno di 400 morti in un giorno, prendendo scorrettamente a misura il dato quotidiano di gran lunga più elevato, con 40mila ne conteremmo il doppio. Ergo, anche la matematica più elementare, in questo mondo sconvolto, è divenuta una opinione ad uso e consumo di chi vorrebbe trasformare l’Italia in uno spaventoso lazzaretto.

Ma proprio sull’ennesima correlazione spuria espressa anche dall’esponente di Forza Italia, con la quale si tendono a confondere i casi, cioè i contagi, con la malattia, da tempo sta cercando di fare chiarezza la dottoressa Soumya Swaminathan, scienziato capo dell’Organizzazione mondiale della sanità, la quale ha più volte preso una dura posizione nei riguardi di chi “confonde l’infezione con la malattia”, ovvero il Sars-Cov-2 (l’infezione che nella stragrande maggioranza dei soggetti non provoca alcun serio problema) e il Covid-19 (la patologia che determina rischi importanti solo per una esigua frazione dei soggetti positivi al virus).

Non solo: se realmente esistesse una relazione diretta tra decessi e restrizioni, l’onorevole Gelmini dovrebbe spiegarci per quale strano caso del destino i Paesi che hanno chiuso molto meno di noi o non hanno chiuso affatto, come la Svezia, registrano un tasso di mortalità addirittura significativamente minore del nostro. Non sarà che, come alcuni studiosi eretici sostengono da tempo, il virus se ne infischia altamente delle demenziali restrizioni adottate dai vari governi, seguendo una naturale evoluzione che noi, proprio in forza di tali restrizioni, stiamo artificialmente rallentando? Se così fosse, paralizzando la vita sociale ed economica, l’unico effetto che otterremo, anziché stroncare il Coronavirus, sarà quello di trasformare l’Italia in una landa desolata.

Aggiornato il 15 marzo 2021 alle ore 10:10