
Bisogna riconoscere alla sinistra italiana la storica capacità di essere sempre riuscita a mentire con coerenza. C’è sempre stato un filo logico nella narrazione gauche anche se – com’è naturale che sia – trattavasi di foglia di fico, sotto cui si celavano miseri interessi di bottega spacciati per ragionamenti utili alla giustizia, alla libertà e al bene comune. Ormai però questo proverbiale professionismo si è perso per strada, cedendo il passo ad una palpabile mediocrità per giunta agevolata da un circolo mediatico intellettuale, talmente asservito da far impallidire Emilio Fede.
Abbiamo passato una vita a farci fare la morale sulle sentenze che si rispettano, sulla fiducia cieca nella magistratura e sulla missione alta e nobile che i togati italiani portavano avanti nel nome della giustizia. Poi accade che Luca Palamara, uno dei pezzi più influenti della magistratura, sveli che enormi settori del potere giudiziario agissero a fini politici sotto la regia di Giorgio Napolitano per far calare un silenzio quasi surreale su questa brutta storia. Quando si mormorò che Silvio Berlusconi avesse detto che Ruby era la nipote di Hosni Mubarak, scoppiò un armageddon con filoni di processo che nemmeno le puntate di Beautiful. Adesso che viene infangata la storia della magistratura degli ultimi trent’anni grazie a un pentito, nessuno si muove: le procure tacciono (e questo è comprensibile), il giornalismo di inchiesta dorme, la politica dichiara il meno possibile e i giornali manettari sono troppo occupati ad aggiustare la pochette a Giuseppe Conte. Eppure, viene teorizzata addirittura la regia dell’allora capo dello Stato, mica di Cesare Previti. Eppure, parliamo di uso della magistratura per sovvertire l’ordine democratico, mica dell’insabbiamento di una multa.
Il sorrisino beffardo, quando qualcuno parlava di giustizia ad orologeria, era il marchio di fabbrica della “sinistra perbene” contrapposta alla destra volgare, truffaldina che andava a mignotte usando la donna come fosse un oggetto. Già la donna, quella che i volgari berluscones (cioè indistintamente tutti quelli non di sinistra) non dovevano nemmeno osare nominare. Poi capita che un “giornale perbene” dica delle atrocità su Giorgia Meloni (La Stampa) per generare un mutismo ipocrita. Finita la questione femminile, finito il corpo della donna, se non ora quando e tutte le chincaglierie che piacciono alla gente che piace. Troppe volte la “gente perbene” è stata recidiva con Giorgia Meloni, perché troppe volte la leader di Fratelli d’Italia è stata oggetto di becero sessismo nell’indifferenza generale. Ma soprattutto nell’indifferenza della “gente perbene”, quella che – per molto meno – ha scatenato un casino infernale quando – ad esempio – qualcuno osò mettere in dubbio lo charme di Giovanna Botteri. Quella stessa lucida inviata che, durante l’Amministrazione di Donald Trump, appariva sui teleschermi dimessa e scura in volto, descrivendo gli Stati Uniti manco fossero il Myanmar. Sembrava che tutti i problemi del mondo fossero lì. Il giorno stesso dell’elezione di Joe Biden, una raggiante Giovanna Botteri già affermava che negli Usa tutto stesse cambiando. Ovviamente da Washington non giungono più notizie nefaste: Biden ha rivoluzionato straordinariamente tutto con la sola imposizione delle mani. Un circo mediatico, insomma, col doppio fondoschiena.
Senza andare oltreoceano, anche “la sinistra perbene” in Italia cambia idea manco fossero le mutande. Siamo passati dal “mai con i Cinquestelle” all’alleanza strategica Partito Democratico-Cinque Stelle. Questi bravi guaglioni che tanto bene hanno fatto all’Italia grazie al valido premier Giuseppe Conte (che quando governava con Matteo Salvini era descritto più o meno come uno sconosciuto beduino). Siamo passati dal “dopo Giuseppe Conte ci sono solo le elezioni” al “Governo di Mario Draghi per sancire l’unità nazionale”. Solo che “la sinistra perbene” diceva “Governo di unità nazionale” ma intendeva “Conte ter con a capo Draghi”. È bastato che Matteo Salvini sparigliasse le carte, entrando nella maggioranza a sostegno di Mario Draghi, per scatenare l’ira funesta di chi dell’unità nazionale se ne impipa bellamente. Infatti, ormai i novelli costituenti della “sinistra perbene” cercano nemmeno troppo velatamente di creare le condizioni, affinché la presenza della Lega nella maggioranza sia impraticabile. Hanno un concetto strano di democrazia, ma pretendono comunque di insegnartela. In realtà, evidentemente, temono che il centrodestra marci diviso per colpire unito e che quello dei governisti droit sia un mero cavallo di Troia. Sono sospettosi, perché essi stessi mentitori seriali.
Proveranno in tutti i modi a evitare che Matteo Salvini entri al Governo a monopolizzare la scena (come nel 2018). Se non dovessero riuscirci, vedrete che alla fine cambieranno idea anche sul leader leghista. In fin dei conti, sono personaggi a cui l’impudicizia certo non difetta: Salvini diventerà una riserva della democrazia per questi disinvolti opportunisti e bugiardi. D’altronde, già qualcuno teorizzò che la Lega fosse una costola della sinistra. Era Massimo D’Alema, un altro campione della “sinistra per bene”. In quel momento, i favori di Umberto Bossi gli servivano maledettamente e avrebbe anche spergiurato, se necessario.
Aggiornato il 10 febbraio 2021 alle ore 10:52