
Mi pare del tutto ovvio che Mario Draghi cerchi in questi giorni, attraverso gli incontri con le delegazioni di tutti i partiti, di capire quale forza politica possa entrare nella compagine di Governo. Il tentativo, com’è naturale, è quello di allargare la base numerica del nuovo Governo, dotandolo di una capacità di governare con la necessaria tranquillità, senza timore di esser posto in minoranza da fattori imprevisti. Tuttavia, in una democrazia parlamentare come la nostra l’aritmetica è certo importante, insomma necessaria, ma non è sufficiente. Occorre invece garantire anche la indispensabile coesione politica delle forze di maggioranza la quale, di quella aritmetica, costituisce l’indispensabile collante. Draghi, infatti, sa bene come – oltre che dei numeri – deve preoccuparsi molto di più di come il progetto politico possa accomunare le forze di maggioranza senza defezioni o ricatti.
E allora, cosa accadrà? Non è soverchiamente difficile immaginarlo. In maggioranza entreranno di certo il Partito Democratico, Liberi e Uguali, Forza Italia, Italia Viva, Azione di Carlo Calenda, “Cambiamo!” di Giovanni Toti e l’Unione di Centro. Questo è sicuro. E tuttavia, non basta per navigare senza timori di incidenti imprevisti. Occorre coinvolgere altre forze. La Lega potrebbe benissimo entrare nel Governo, garantendo allo stesso una notevole maggioranza numerica e un forte appoggio politico. Ma potrebbe anche limitarsi ad astenersi, senza pregiudicarne la funzionalità. In questa prospettiva, resterebbero all’opposizione Fratelli d’Italia a destra e i pentastellati a sinistra: la governabilità sarebbe assicurata, perciò questo è lo schieramento più consigliabile.
Se invece Draghi lasciasse entrare nel governo i pentastellati – la cui evoluzione in senso moderato e filo-governativo è invero tutta da dimostrare e direi perlomeno assai discutibile – l’effetto sarebbe di fare fuoriuscire immediatamente la Lega, qualora fosse decisa ad entrare nel Governo, facendola trincerare all’opposizione. E non è detto vi permanga Forza Italia. Ne verrebbe, numericamente, un Governo certo più forte, in quanto la pattuglia parlamentare dei pentastellati è assai più folta di quella dei leghisti e sempre, ovviamente, che vi resti Forza Italia. Tuttavia, questa ipotetica compagine governativa sarebbe assai più fragile dal punto di vista della coesione politica, per motivi immediatamente comprensibili. Infatti, in questo caso, il Governo Draghi dipenderebbe dalle decisioni di Beppe Grillo e compagni, di volta in volta arbitri di far proseguire o di far cessare l’azione governativa. Draghi, in questa ipotesi, si consegnerebbe – legato mani e piedi – alla capricciosa volontà di un movimento politico che si dice “antipolitico” senza neppure capire bene di cosa stia parlando, giacobino in tema di giustizia, antimoderno e recessivo sul piano dello sviluppo economico e industriale, endemicamente ideologico nell’ambito delle opere pubbliche. Un vero coacervo, insomma, di spinte pulsionali verso un assoluto rifiuto di tutto ciò che non sia collimante con i presupposti, già acquisiti, come verità definitive ed indiscutibili. Dimensioni, quelle accennate, del tutto incompatibili con gli obiettivi del Governo da varare urgentemente, come è facile capire.
Facciamo un esempio. Il Governo vorrà portare verso il Sud l’Alta velocità ferroviaria, anche in ossequio alle indicazioni europee circa la necessità di bilanciare la condizione del Mezzogiorno d’Italia con le regioni più sviluppate. Che faranno i grillini? Un loro totem ideologico, oggi ancora imperante, li condurrà necessariamente ad opporsi con tutte le loro energie. E il Governo? Quando, da Genova, Grillo dirà ai suoi di staccare la spina, il Governo andrà fatalmente in minoranza. Può Draghi – e con lui l’Italia – permettersi questo risultato? Non lo credo. Con preoccupazione, vanno perciò considerate le notizie relative agli esiti del primo giro di consultazioni operate da Draghi. Preoccupa molto infatti che – tranne Fratelli d’Italia e forse Leu – tutte le altre forze politiche abbiano detto chiaro e tondo che entreranno in maggioranza. La previsione è semplice: più estesa sarà numericamente la maggioranza, più fragile sarà politicamente. Gli esempi sono immaginabili. Il Mes: i grillini non lo vogliono assolutamente quale autentico tabù ideologico; i pidiessini sì con alcune distinzioni; Italia Viva è favorevole; Forza Italia lo vuole con convinzione; la Lega non lo vuole, ma forse a certe condizioni sì. Che dovrebbe fare Draghi? Ancora. La riforma della giustizia: i grillini la vogliono in senso giacobino o vetero staliniano; i pidiessini la vogliono in senso garantista; Italia Viva pure; Forza Italia in senso ipergarantista; la Lega naviga fra l’una e l’altra. Che dovrebbe fare Draghi?
Last but not least, le grandi opere infrastrutturali: i grillini vi si oppongono con tutte le forze; i pidiessini le vogliono previo studio di impatto ambientale; Italia Viva pure; Forza Italia non vede l’ora; la Lega anche. Che dovrebbe fare Draghi? Ecco perché egli dovrebbe avere a cuore non la maggioranza numerica allargata, che anzi indebolisce il Governo a misura della sua estensione, ma una maggioranza forte per coesione politica. In altre parole, Draghi non deve perder tempo a valutare le compatibilità “interna” alle forze politiche – che lascia il tempo che trova – ma la compatibilità “esterna” fra le singole forze da cui il suo Governo sarà sostenuto, e le soluzioni politiche che egli intende fornire ai singoli e gravi problemi. Questa la sola compatibilità che davvero conti. Il resto è soltanto vaniloquio.
Aggiornato il 08 febbraio 2021 alle ore 09:46