
Mario Draghi non è l’Arcangelo Gabriele. Tuttavia, non è neppure il condottiero delle Armate Infernali stanziate nel mitologico Armageddon (che, detto per i grillini, è un luogo, non un film). Il suo curriculum pesa più di quello di chiunque altro. Altro e diverso discorso è cercare di capire se ci sono le condizioni politiche che gli consentano di guidare un governo e, soprattutto, che tipo di Governo, sostenuto da chi e con quali obiettivi. L’euforia di ieri – del tutto giustificata, vista la fine della saga degli incompetenti – non può farci dimenticare che la nostra è, e resta, una Repubblica parlamentare, nella quale – a meno che si realizzi un suicidio politico collettivo – il Governo deve conquistarsi e mantenere la fiducia.
Draghi è bravo (anzi, ottimo) e proporrà nomi di eccellenza assoluta. Basterà? Non lo so. Si fa presto a dire che molti parlamentari, pur di non tornare alla pastorizia o alle bibite, sono pronti a digerire tutto. Non è proprio così: non c’è nulla di scontato, anche se l’emergenza in atto (e la volontà del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella) farà in modo che sia così quantomeno nell’immediato. Non è neppure scontato, per dirla tutta, che Draghi accetti qualunque cosa, consapevole com’è – conosce gli italiani – che qui le imboscate sono dietro ogni angolo di strada. Le parole di Nicola Zingaretti sono lo specchio di una realtà desolante, ma non del tutto superata: invitare i 5 Stelle a dare la fiducia a Draghi significa non avere capito nulla di quanto è accaduto, ma rivela lo zoccolo duro di un sistema (sì, un sistema) duro a morire.
Ho sentito le critiche a Matteo Salvini, ma il discorso si adatta a chiunque altro. Se, a prima vista, potrebbero apparire sensate, tali non sono se correttamente interpretate. Intanto, fa il suo mestiere: dove sta scritto che deve piegare la testa e accodarsi ad una operazione politica senza battere ciglio? In secondo luogo, non dice nulla di strano: un partito può dare o negare la fiducia e valutare i programmi, a meno che al Governo sia insediato il messaggero di Dio, Gabriele. Infine, sa bene che non esistono governi tecnici: governare è fare politica. Vero è, piuttosto, che facciamo finta di dimenticarci di quanto sia complicata la questione e, per assecondare il migliore tra gli italiani, vorremmo che tutti, anche in Parlamento, stessero in silenzio e si unissero al coro di elogi. Ma il Parlamento esiste ancora e la democrazia non è sospesa. Spero. Detto questo, Draghi di nome fa Mario e non Gabriele. Amicus Plato, sed magis amica veritas.
Aggiornato il 04 febbraio 2021 alle ore 12:51