L’Italia soffre e Conte “verifica”

In assenza dei festeggiamenti per il Natale va in scena la “verifica” di Governo. Con il contatore dei decessi da Covid-19 che continua a girare vorticosamente – ieri 680 morti – l’armata demo-penta-renziana si gingilla con i tatticismi. E non è un bello spettacolo. Perché non è saggio preoccuparsi di se stessi e trascurare tutto il resto, quando tutto il resto sono le vite umane perse e quelle che sono messe male, gli ospedali al collasso, un’economia sul punto di deflagrare, un Pil che precipita, la curva della povertà che s’impenna. Ma non siamo educande sprovvedute, comprendiamo perfettamente che in politica più dell’onor poté il digiuno. E il profumo dei soldi promessi dall’Europa, con la formula del Next Generation Eu, ha dato alla testa a parecchi. Ecco perché per la maggioranza conta di più esserci che fare la cosa giusta per il bene degli italiani. Anche se esserci significhi bivaccare intorno ai fuochi fatui accesi nelle stanze del potere.

Lo abbiamo scritto e lo ribadiamo: non vediamo veri i lampi di guerra stagliarsi all’orizzonte del Conte bis. Siamo scettici sulla volontà concreta di Matteo Renzi di portare fino in fondo l’attacco al Governo. E poi, come si fa a credergli? I protagonisti del teatrino “centrosinistra” sono inaffidabili, perché totalmente privi di coerenza. C’è un gap tra ciò che fanno e quel che dicono o minacciano di fare che non può essere colmato dalle chiacchiere. Vedrete che alla fine della fiera troveranno un accomodamento. Giuseppe Conte ha dimostrato di essere uomo per tutte le stagioni. Non sarà un caso se, al pari di un trench double face, riesce a stare disinvoltamente al governo con il “sovranista” Matteo Salvini e, scaricato il primo, un attimo dopo mettersi con il “comunista” Nicola Fratoianni. Trascorsa la pausa natalizia troveranno la quadra per restare a galla e attendere fiduciosi la pioggia di denaro da Bruxelles. Il disgusto non dovrebbe riguardare soltanto loro, trincerati nel Palazzo a dispetto della volontà popolare. Lo sdegno dovremmo provarlo verso chi, legittimato dalla Costituzione a porre fine a tale inverecondo abuso della pazienza degli italiani, omette di intervenire. Al contrario, si prodiga in tutti i modi possibili per tenerli in piedi. Parliamo dell’inquilino del Quirinale. Il Capo dello Stato ha accreditato con i suoi comportamenti l’idea bislacca che l’interruzione anticipata della legislatura e il ritorno alle urne sia una iattura da scongiurare a ogni costo. E chi lo ha deciso che sentire gli italiani, soprattutto in un momento di crisi dove comunque si giochi il futuro della comunità nazionale, sia sbagliato?

Siamo messi male anche per l’indecisione dell’opposizione di destra che appare incerta e ondivaga sul che fare. Qual è l’obiettivo che il trio Silvio Berlusconi-Matteo Salvini-Giorgia Meloni vuole colpire? Buttare giù il Governo. Fin qui ci siamo. Per fare cosa? Andare alle elezioni, come chiede la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni? Aiutare l’odierna maggioranza a riciclarsi, dopo un ritocco di facciata alla compagine governativa, come vorrebbe una parte di Forza Italia? Puntare alla costituzione di un Governo di unità nazionale che porti avanti la legislatura fino alla scadenza naturale, come auspicherebbe l’altra parte di Forza Italia e qualcuno all’interno della Lega? Chi ci capisce è bravo. Da qualche giorno, Matteo Salvini, rinfrancato dal buon andamento del procedimento penale a suo carico per i fatti della nave Bruno Gregoretti, che prosegue in quel di Catania, sta facendo il giro delle sette chiese televisive per esporre una bizzarra tesi. Per il leader leghista non sarebbe più inevitabile il ritorno alle urne in caso di caduta del Conte bis, perché una maggioranza di centrodestra, appoggiata da una ventina di “cani sciolti” stufi della confusione generata dal premier Conte e dai suoi ministri nell’affrontare la seconda ondata della pandemia e preoccupati di dover lasciare il seggio in Parlamento prima del previsto, sarebbe pronta al ribaltone. Salvini, in genere, è uno serio: cerca per quanto possibile di non raccontare balle agli italiani. Se adesso si spinge a dire che un gruppetto di deputati e senatori disponibili ad appoggiare un’alternativa di Governo targata centrodestra c’è, avrà le sue buone ragioni. Ci saranno stati incontri riservati e, ci si augura per lui, qualche carta firmata, per evitare brutte sorprese al momento del redde rationem con Conte in Parlamento, l’abbia in tasca. Dovremmo convenire che sia una buonissima notizia perché tutto fa brodo, pur di sfrattare la sinistra dal potere. Anche plaudire la folgorazione sulla via di Montecitorio del mitico, benché piuttosto anonimo, deputato della circoscrizione Estero - Africa, Asia, Oceania, Antartide. Ma, per essere onesti con noi stessi, dobbiamo domandarci se sia un collage di figurine parlamentari ciò che serve al Paese.

È così che vogliamo che il centrodestra torni al Governo? Promettendo alla gente mari e monti per poi dover contrattare quotidianamente il voto dei ribaltonisti al solo scopo di tirare avanti, come un centrosinistra qualsiasi? Ma la storia non insegna niente? Sebbene si osanni la massima andreottiana secondo cui: il potere logora chi non ce l’ha, è altrettanto vero che la smania di potere giochi brutti scherzi e faccia danni. La differenza tra il governare e il galleggiare al potere – Giuseppe Conte docet – è tutta nella capacità di costruire una visione condivisa tra le forze di maggioranza tale da non essere scalfita dal ricatto di questo o quel gregario che avvertendo il suo voto come fondamentale per la sopravvivenza del Governo lo faccia valere ben oltre ogni legittima aspettativa rispetto al suo peso nella realtà. L’aria, durante la Seconda Repubblica, è stata resa irrespirabile dall’olezzo dei cosiddetti cespugli che flettono a seconda di dove soffi il vento. Se davvero Conte dovesse cadere, cosa di cui dubitiamo fortemente, sarà per effetto di uno stillicidio divenuto insostenibile. E che si fa? A uno stillicidio ne subentra un altro uguale e contrario? Come direbbe Maurizio Crozza nei panni di un esilarante Luca Zaia: ragionateci sopra. Ma non siamo gli unici ad avere dubbi. Giancarlo Giorgetti, l’alter ego di Salvini nella Lega, sviluppa un’analisi sulla condizione del centrodestra che deve far riflettere. Nel corso di un’intervista concessa a Il Corriere della Sera, il vice-segretario della Lega afferma che “l’opposizione è ancora una compagnia di ventura, vincerà a mani basse le prossime le elezioni, quando ci saranno, ma non è pronta a governare. È come se il centrodestra di oggi avesse paura di un altro centrodestra, diverso, che invece è proprio quello che serve all’Italia”. Si può non essere d’accordo con lui riguardo alla ricetta, ma la fotografia che restituisce dell’odierno centrodestra è giusta. Di là dalle manifestazioni di grande intesa mostrate a beneficio delle telecamere, nella coalizione che fatica a riconoscere la sua identità di destra plurale permangono differenze di fondo sulle quali non si è prodotta un’efficace sintesi unitaria. Per fare un esempio: se si va la governo i denari del Mes sanitario li si prende, come vorrebbe Berlusconi, o li si rifiuta come invece vorrebbero Salvini e Meloni? Se prima non si fa chiarezza sui fondamentali si finisce da capo a dodici e si fa il bis del teatrino al quale, ahinoi, stiamo assistendo con la scombiccherata compagnia di dem, renziani e grillini messi insieme con la colla ecologica. La composizione di una coalizione coesa è un processo dialettico, spesso lungo e insidioso, di riduzione delle differenze politico-strategiche a un comun denominatore programmatico. Forzarne i tempi potrebbe essere deleterio, per i partiti che la compongono e per il Paese che pagherebbe le conseguenze della mancata sintonia tra gli alleati, come succede con il Conte bis. Vincere è importante. Ma ben governare lo è di più.

Aggiornato il 17 dicembre 2020 alle ore 09:50