Che Calogero Mannino fosse del tutto innocente lo avevano capito tutti. Lo avevano certificato le numerose sentenze che hanno segnato le tappe della sua quasi trentennale persecuzione giudiziaria ad opera della Procura di Palermo. I soli a mostrare di non credere alla sua innocenza sono stati i vari Pm palermitani che in questi ultimi quasi 30 anni lo hanno accusato senza vere prove, ma sulla base di dichiarazioni di molto sospetti “pentiti”: in un primo tempo (1991-2010) di “concorso esterno” e poi di avere partecipato alla cosiddetta trattativa Stato-mafia (2012-2020). Ora che la Cassazione, l’11 dicembre scorso, ha messo fine definitivamente al suo calvario, Mannino ha avuto tutte le ragioni per poter gridare la sua innocenza ad un’opinione pubblica resa disattenta anche dai toni bassi dei “grandi giornali” nazionali che lo avevano mostrificato quando nel 1991 venne accusato per la prima volta e quando nel 1994 fu fatto arrestare dall’allora procuratore di Palermo, Giancarlo Caselli. Solo il giornale Il Riformista ha avuto il coraggio e la correttezza di aprire il giornale del 12 dicembre con il titolone di prima pagina: “Mannino è innocente ed è stato perseguitato per 25 anni da Pm ossessionati”.
“Ossessionati”, certo, ma mi sembra un termine impreciso e insufficiente. Esso denota precisamente l’accanimento di quei Pm palermitani. Ma esso indica anche uno stato d’animo di ricerca di giustizia patologicamente ansiosa, difficilmente provabile. Il termine ossessione dà poi per scontata l’assoluta buona fede di quei Pm che, a differenza della malafede non deve essere provata, ma presunta, cioè affermata salvo prova contraria. Quel termine rimuove poi la questione dei gravi errori in punta di fatto e di diritto che quei Pm hanno commesso, come hanno denunciato i giudici stessi nelle sentenze di ogni grado in cui Mannino è stato alla sbarra. È rimasta storica lo schiaffo e lo sberleffo del Procuratore generale della Cassazione all’impianto degli accusatori, nel chiedere l’annullamento della sentenza di Appello del 2005 (l’unica in cui Mannino sia stato condannato). Così si espresse quel Procuratore, che invece di ribadire le accuse come la sua carica avrebbe lasciato prevedere, chiese e ottenne l’annullamento della sentenza di condanna: “Nella sentenza di condanna di Mannino non c’è nulla. La sentenza torna ossessivamente sugli stessi concetti, ma non c’è nulla che si lasci apprezzare in termini rigorosi e tecnici, nulla che possa valere a sostanziare l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Questa sentenza costituisce un esempio negativo da mostrare agli uditori giudiziari, di come una sentenza non dovrebbe essere mai scritta...”.
Dopo un secondo processo in appello che si concluse con un’assoluzione “perché il fatto non sussiste”, l’accusa di concorso esterno cadde definitivamente nel 2010 con una sentenza tombale della Cassazione. Ma solo due anni dopo la procura di Palermo, tornò alla carica, ad opera del famoso Pm, Antonio Ingroia, con una nuova accusa: “Violenza e minaccia contro un corpo dello Stato” (in sostanza di avere partecipato ad una trattativa Stato-mafia). Ma il 4 novembre 2015 il giudice dell’udienza preliminare di Palermo, Marina Petruzzella prosciolse Mannino per “non aver commesso il fatto”. Lo stesso giudice, nel suo provvedimento, schiaffeggiò sonoramente il Pm, (in sostanza Ingroia, Roberto Tartaglia e Vittorio Teresi) accusandolo di avere prodotto “prove inadeguate” sostenute da “suggestiva circolazione probatoria” e da “interpretazioni di colpevolezza indimostrate”. Nonostante ciò, la Procura di Palermo non si diede per vinta e ricorse contro la sentenza di assoluzione suscitando e rafforzando gravi sospetti di atteggiamento persecutorio. Ancora una volta fu sconfitta perché il 22 luglio del 2019 i giudici di appello assolsero di nuovo Mannino, e non si trattennero dall’impartire ai Pm palermitani un altro sonoro schiaffone. Essi definirono nella loro sentenza la tesi accusatoria “non solo infondata, ma anche totalmente illogica e incongruente con la ricostruzione dei fatti”. Mannino usciva ancora una volta evidentemente innocente per tutti, ma non per i procuratori di Palermo, Giuseppe Fici e Sergio Barbiera, presentarono ricorso per Cassazione. Il ricorso sembrò azzardato e illecito a molti giuristi perché la riforma Orlando del 2017 stabilisce che, dopo una doppia assoluzione di merito, (la cosiddetta “doppia conforme assolutoria”) un ricorso per Cassazione sia ammissibile solo in caso di gravi “violazioni di legge” da parte dei giudici di merito. Pur di non mollare Mannino, e poter superare l’ostacolo, la Procura generale di Palermo non ha esitato a sollevare la questione di legittimità costituzionale della stessa riforma Orlando. Era evidentemente un disperato tentativo di aggirare la legge di riforma.
Fortunatamente per Mannino – e per lo Stato di diritto in Italia – l’11 dicembre scorso i giudici della sesta sezione penale della Corte di Cassazione hanno infatti dichiarato inammissibile il ricorso proposto dai Pm di Palermo ed hanno prosciolto definitivamente l’ex notabile democristiano. Anche i giudici di Cassazione hanno voluto sbeffeggiare i Pm palermitani ricostruendo nel loro provvedimento l’azione politica anti-mafia svolta dallo stesso Mannino fino al 1996, cioè fino oltre il suo arresto: come a dire che la Procura di Palermo ha perseguitato per quasi 30 anni, uno specchiato politico che ha sempre combattuto la mafia e che la mafia stessa probabilmente ha usato, attraverso rivelazioni di falsi pentiti, degli ingenui procuratori per vendicarsi di uno dei suoi avversari. Ma sono stati davvero ingenui, sprovveduti e maldestri, oltre che incompetenti quei procuratori di Palermo, come i rabbuffi e gli schiaffoni di altri magistrati lasciano pensare? Si è trattato solo di un’ossessione persecutoria? La risposta è aperta.
Certo abbiamo imparato da Leonardo Sciascia a riconoscere nella cultura e nella psicologia di molti magistrati una concezione non solo castale, ma anche sacrale e sacerdotale della funzione giudiziaria che porta ad una falsa coscienza basata su una fede nell’infallibilità delle proprie “intuizioni”, una fede che non ammetterebbe nemmeno la possibilità dell’errore giudiziario. Dall’epoca di Mani pulite in poi abbiamo imparato quanto siano irresistibili, soprattutto in certi Pm le tentazioni narcisiste di protagonismo dei magistrati. Ma sia la concezione sacerdotale, sia le tendenze ad un protagonismo narcisista trovano il loro terreno di cultura in un eccessivo potere dei Pm ed in una pratica irresponsabilità (in senso tecnico ed etimologico di non dover rispondere in pratica a nessuno). In effetti basta far parte di una corrente di maggioranza all’interno dell’Anm (Associazione nazionale magistrati) del Csm (Consiglio superiore della magistratura) per poter ragionevolmente sperare, salvo casi particolari ed eccezionali, di restare impuniti e irresponsabili. Si veda in proposito il recentissimo libro di Stefano Zurlo, “Il libro nero della magistratura” (Baldini e Castoldi Editore, 2020).
Vicende simili a quella di Mannino purtroppo non sono rare in Italia. Sono frequenti in Italia i casi di personaggi noti e meno noti la cui innocenza venga accertata solo dopo decenni di infondata caparbia e ostinata persecuzione giudiziaria, basata solo su sospetti e teoremi dei procuratori. Pierluigi Battista ha elencato i numerosi e più famosi casi in un recentissimo articolo sul Corriere della Sera.
La vicenda di Mannino e i casi analoghi rimettono all’ordine del giorno la questione della responsabilità dei magistrati, come ha rilevato il presidente dell’Unione Camere penali, Gian Domenico Caiazza. Esse richiamano anche l’esigenza – affermata da molte parti – che anche i magistrati siano sottoposti a periodiche verifiche di professionalità ed anche ad un test psico-attitudinale sia nel momento della loro assunzione, sia periodicamente nel corso della loro attività professionale. La “Via Crucis” di Mannino può legittimamente essere associata a quella che vide per anni alla sbarra l’innocente Enzo Tortora. Mannino avrebbe ogni buona ragione per dire ora ai suoi accusatori come disse Tortora: “Io sono innocente. Spero lo siate anche voi”.
Aggiornato il 17 dicembre 2020 alle ore 11:46