Giustizia, silenzi e imbarazzi

Se non fosse tragico, ci sarebbe da ridere. Un Giudice della Repubblica pronuncia una sentenza con la quale riconosce il difetto di imputabilità dell’imputato e il ministro che cosa fa? Manda gli ispettori, anch’essi magistrati, affinché verifichino se le cose sono state fatte per bene o no.

L’avesse fatto Matteo Salvini, le strade sarebbero giustamente piene di Sardine, epigoni dell’Anp, magistrati e avvocati, tutti uniti nel dire ad alta voce che i Giudici sono indipendenti e soggetti soltanto alla legge. Invece, no. Tutti allineati. Silenzio.

Lo stesso silenzio – neppure imbarazzato, ma sommamente imbarazzante – cui avevamo assistito quando un magistrato disse che, sebbene avesse ragione, Salvini (sempre lui, ma guarda un po’) doveva essere perseguito.

Dovrei sorprendermi per il silenzio del Partito Democratico, nel quale militano molte persone che di Giustizia ne sanno (o dicono di saperne), ma non mi stupisco: si può tollerare un Guardasigilli maldestro, purché regga il Governo. D’altra parte, si può tollerare un Presidente del Consiglio che occulta i dati sui quali fonda i suoi mirabolanti decreti.

Si può tutto, qui, in nome della correttezza istituzionale, come la chiamano loro. Si può sopportare (anche) un’aggressione all’indipendenza della magistratura, dimenticando che si tratta di una garanzia per i cittadini e non di un privilegio dei magistrati. D’altra parte – ricordate le reazioni ai provvedimenti dei magistrati di sorveglianza, rei di avere applicato la legge (udite, udite) nei confronti di perfidi mafiosi? – non è la prima volta che accade e non sarà neppure l’ultima.

Tutto questo dovrebbe preoccuparmi. Molto, anche. In realtà, come si suole dire, la prendo sul ridere. Mi segno anche questa e di fianco mi annoto le reazioni di coloro che si stracciano le vesti per gli errori dei cattivi, ma consentono agli amici di recare sfregio alla Costituzione.

Oltre il 2023 non potete andare. Questa è la buona notizia.

Aggiornato il 14 dicembre 2020 alle ore 10:33