Le sette vite di Giuseppe Conte, gatto con gli stivali

Giuseppe Conte l’ha sfangata anche il 9 dicembre. Avrebbe dovuto essere il suo mercoledì nero. Nonostante l’eco si fosse fatta più fioca con il passare delle ore, non avevano smesso di rullare i tamburi di guerra della fronda grillina, accreditata dai media di una clamorosa rottura sull’ok alla riforma del Meccanismo europeo di stabilità (Mes). Invece, a dispetto delle tante dietrologie imbastite per un’opinione pubblica che alle contorsioni della politica politicante non è per nulla interessata, tutto è andato secondo copione. L’ordine regna a Babilonia. Ma il fatto che se la sia cavata, non fa di Conte uno statista e nemmeno un premier più credibile in Italia e ai tavoli di Bruxelles. Il via libera all’approvazione in sede europea del nuovo Meccanismo di stabilità lascia sul campo un cadavere politico. Si tratta del corpo esanime del Movimento Cinque Stelle, già piagato dai troppi sì pronunciati in luogo degli altrettanti troppi no promessi agli elettori. Tap, Tav, Alitalia, acciaio a Taranto, Terzo valico in Liguria, Unione europea, tanto per rinfrescare la memoria. E ora il Mes. L’ultimo sì pentastellato è un voto di sopravvivenza all’interno dei palazzi della politica. Il Movimento ha negato se stesso votando a favore della riforma (peggiorativa) di uno strumento – il Mes – che i grillini puri e duri si erano impegnati a demolire, una volta giunti al governo del Paese, perché lo giudicavano gravemente lesivo degli interessi nazionali. Estinto il grillismo, restano i grillini in Parlamento. Tecnicamente, si tratta di dead men walking – morti che camminano – nel senso che resteranno in coma vegetativo all’interno delle istituzioni fin quando i tempi di durata della legislatura lo consentiranno e, a tale fine, approveranno ogni nefandezza il Governo gli sottoporrà. Pure la riforma della carta igienica, se necessario. Perché, primum vivere, deinde philosophari. Se si dovesse ipotizzare per Giuseppe Conte una minaccia alla sua permanenza a Palazzo Chigi, a stare alle parole di fuoco pronunciate in Senato da Matteo Renzi in occasione del voto sul Mes, bisognerebbe guardare al ruolo corsaro di Italia Viva. Ma anche in questo caso trattasi di sceneggiata napoletana, quella di Isso, esse e ‘o malamente. Renzi minaccia la crisi se Conte non farà retromarcia sulla decisione di affidare a una Task Force di manager di sua fiducia la gestione del ricco piano di finanziamenti europei del Next Generation Eu. Ma, teatralmente parlando, Renzi è un guappo di cartone e la sua minaccia è un’arma caricata a salve: fa un gran botto, ma non spara alcuna pallottola. In linea di principio, è fondata la denuncia sulla volontà del premier di esautorare le istituzioni rappresentative della sovranità popolare dal potere di decisione e di controllo sul “per cosa?” e sul “come?” spendere i denari europei. Ma Renzi non può permettersi il lusso di far saltare il banco per andare a nuove elezioni, perché il primo a scomparire dalla carta geografica della politica italiana sarebbe proprio il suo partito.

E allora le picconate a Conte assestate in diretta televisiva? Ammuina, inscenata allo scopo di spuntare qualcosa da spacciare come una grande vittoria. Bisogna capirlo, Renzi. Deve pur dare ai suoi sparuti fedeli una prova di esistenza in vita. Sebbene lui si senta un padreterno, non basta a che i suoi gli credano per atto di fede. Quelli sono come San Tommaso: se non toccano non credono. Dall’alto del suo inossidabile scranno, Conte si è goduta la scena con fare sornione. Trattare è ciò che sa fare di mestiere, per cui ha messo in conto che per farsi dire sì da tutti i partner deve concedere qualcosa. Ogni politico ha il suo metodo di lavoro, Conte adotta quello, ben collaudato, della giocata al rialzo. Se l’obiettivo da ottenere è 50, lui mette sul tavolo 100 ma è pronto a chiudere a 60. La controparte si alza contenta e soddisfatta pensando di aver strappato 40 all’interlocutore, quando invece è l’interlocutore a portare a casa un 10 in più rispetto all’obiettivo iniziale. Ecco perché, mai ci sogneremmo di comprare un’auto usata da Giuseppe Conte. Al contrario, Matteo Renzi quell’auto non solo la prenderà anche senza gli pneumatici e con il motore fuori fase, ma andrà in giro a vantarsi di aver fatto l’affare del secolo. Quindi? Conte stralcerà l’emendamento sulla costituzione della Task force per la gestione dei fondi europei del Next Generation Eu dal testo della Legge di Bilancio all’esame delle Camere. Ne farà oggetto di un apposito Decreto-legge da approvare subito dopo la pausa natalizia. Nel frattempo, riunirà un vertice con i capidelegazione al Governo dei partiti della maggioranza per negoziare modifiche marginali alla struttura di governance da lui ideata, senza snaturarne l’impianto centrale.

Conte sempre più somiglia a quegli chef che in televisione danno la ricetta del piatto gourmet. Quando c’è da prescrivere il dosaggio dell’ingrediente che può rovinare la pietanza si limitano a un laconico: quanto basta. Sarà così anche per l’alzata di testa del galletto di Rignano sull’Arno, che avrà soddisfazione quanto basta per dire ai suoi di aver condizionato l’azione del Governo imponendo un qualcosa che, statene certi, la faina di Volturara Appula ha messo in conto di dover concedere ancor prima di presentarsi in Parlamento, ieri l’altro. Fin qui il teatrino della politica. Poi c’è la realtà e ci sono gli italiani che da questo giro di valzer del mercoledì danzante non hanno ricavato niente di buono. Nell’ordine: saranno costretti a subire il nuovo Mes che, per come è stato architettato, è un collare chiodato messo alla gola della sovranità popolare nostrana; hanno appreso che i denari – tanti – dell’Europa, se arriveranno, dovranno essere spesi seguendo le indicazioni della pianificazione dirigista concepita a Bruxelles per rafforzare quei settori economici che non favoriscono il made in Italy ma servono la causa degli interessi industriali di Germania e Francia, e in altro momento spiegheremo diffusamente perché; dopo l’approvazione alla Camera dei Deputati del Decreto che cancella i Decreti-sicurezza di Matteo Salvini, possono dire addio a quel minimo di tutela contro i pericoli originati dall’accoglienza indiscriminata degli immigrati illegali, che quei contestati Decreti avevano garantito. Tutto in un solo giorno. Una volta si era soliti dire che quando si tocca il fondo non si può che risalire. Avendo visto all’opera Giuseppe Conte riteniamo che un’altra opzione, alternativa alla risalita dal fondo, sia possibile: scavare.  

Aggiornato il 11 dicembre 2020 alle ore 10:20