Il mezzo è la spia

Nel dicembre di quarant’anni fa si spegneva uno dei più influenti filosofi della teoria della comunicazione del Novecento, il canadese Marshall McLuhan (1911-1980). Vale la pena ricordarlo perché molte delle componenti della sua teoria sono oggi ancora rilevanti. Nel suo classico Understanding Media (1964), McLuhan afferma che ciò che guida l’ecologia dell’informazione sono i media, definiti “estensioni dell’uomo” perché consentono di estendere i nostri sensi molto più lontano e più in profondità di quanto possiamo ottenere organicamente. Il teleschermo, ad esempio, porta eventi lontani nei nostri salotti, proprio come, oggi, internet ci consente di condividere le informazioni trascendendo i limiti di spazio e tempo. I media estendono la nostra portata cognitiva allo stesso modo di come la rivoluzione industriale ha amplificato la capacità del lavoro umano. Seguendo questa linea di pensiero, McLuhan ha sostenuto che il medium tipografico di Johannes Gutenberg non solo ha svolto un ruolo nella diffusione delle informazioni, ma anche in quello di plasmare il nostro pensiero. La tecnologia (il mezzo) trasforma non solo l’attività dell’uomo ma anche la sua personalità. In sostanza, come sinteticamente espresso nel suo più celebre aforisma, “Il mezzo è il messaggio”.

Quasi quarant’anni prima dell’invenzione del World wide web, nell’opera The Gutenberg Galaxy (1962) McLuhan profetizzò che i media elettronici avrebbero inaugurato una nuova era di esperienza collettiva e transnazionale che chiamò “villaggio globale”. Chiunque, oggi, guardi le reti di notizie, navighi sul web o utilizzi la messaggistica istantanea, capisce cosa intendeva. “Il nostro è un mondo nuovo di zecca di tutto in una volta”. Il tempo “è cessato”, lo spazio “è svanito. Ora viviamo in un “villaggio globale”...un avvenimento simultaneo. Le informazioni si riversano su di noi, istantaneamente e continuamente. Non appena le informazioni vengono acquisite, vengono rapidamente sostituite da informazioni ancora più nuove”. Tutte le odierne piattaforme digitali sono esempi di questa comunicazione istantanea.

McLuhan paragona il villaggio globale al sistema nervoso centrale: le tecnologie del passato erano estensioni di organi fisici: la ruota un prolungamento dei piedi; le mura della città, un’esteriorizzazione collettiva della pelle. I media elettronici, invece, sono estensioni del sistema nervoso centrale, ossia un ambito inclusivo e simultaneo. A partire dal telegrafo, il cervello e i nervi dell’uomo sono estesi a tutto il globo. La società è interconnessa dall’influenza della tecnologia elettronica e questo concetto è indiscutibilmente ancora rilevante, anche se oggi i media sono molto più immediati di cinquant’anni fa: ad esempio, non “aspettiamo” più le notizie ma le riceviamo in tempo reale. Tuttavia, McLuhan non vedeva il villaggio globale solo come luogo di libera e istantanea globalizzazione ma anche come spazio di manipolazione dove sono i media a formare la visione della realtà. La comprensione del mondo, ciò che sta accadendo e ciò che si pensa non è un prodotto della comunicazione fra la gente o di un’occhiata fuori dalla porta di casa. Opinioni ed emozioni si formano guardando il “teleschermo”. Dal momento in cui nasciamo siamo “consumati” dalla tecnologia e quindi non si può affermare che sia la mente a formare il proprio pensiero. L’uomo rimane inconsapevole di tale effetto come un pesce è inconsapevole dell’acqua in cui nuota.

Ma non è tutto. McLuhan comprese, come George Orwell prima di lui, che il potere “tribalizzante” del villaggio globale, che oggi ha prodotto le reti sociali e i reality show, avrebbe eliminato un’importante differenza tra una società civile e una società primitiva: la “privacy”. In una società primitiva, nel piccolo villaggio di capanne, chiunque, tirando il lembo di una tenda può spiare l’interno di un’abitazione. Non esiste privacy, tutti possono sentire e vedere tutto. La privacy, una volta apprezzata e rispettata è uno dei tanti mattoni già rimossi da una civiltà occidentale che si sta sbriciolando. Se, come ha osservato McLuhan, “il mezzo è il messaggio”, chi sono gli sceneggiatori del messaggio? All’opera c’è una gerarchia di interessi costituita dall’apparato del potere e dai suoi complici tra cui Big tech e Big media che formano una rete informale estremamente potente che controlla quasi tutto ciò che ci circonda perché possiede la macchina dei messaggi che scrive e consegna al pubblico il copione di informazioni concordato. Big media, Big tech e Big government, plasmano le storie che vogliono farci credere.

George Orwell, assai meno criptico di McLuhan, aveva già ritratto nel romanzo 1984 una società di controllo totale in cui alle persone non sono permesse opinioni in disaccordo con quelle emanate dal governo. Orwelliana è una società in cui non c'è libertà personale e nella quale la tecnologia è diventata la forza trainante guidata dalla sorveglianza dove spie e telecamere sono ovunque. Tra tutte le tecnologie utilizzate in 1984, la più citata e la più minacciosa per il suo duplice scopo di propaganda e sorveglianza, è il “teleschermo”. Che si tratti di quello del computer o dello smartphone, oggi, lasciare un’impronta elettronica significa essere osservati e spiati ovunque si vada e qualunque cosa si faccia. La tecnologia in mano ai governi è uno strumento di oppressione e se si è preoccupati per la loro capacità di spiare e sorvegliare le attività personali dei cittadini, si dovrebbe essere consapevoli che tale capacità sta espandendosi in modo esponenziale minacciando sempre più i diritti civili fondamentali così come le fondamenta stesse della democrazia. “Archimede disse: Datemi un punto d’appoggio e solleverò il mondo. Oggi indicando i nostri media avrebbe detto: Mi appoggerò ai vostri occhi, ai vostri orecchi, ai vostri nervi e al vostro cervello, e il mondo si sposterà al ritmo e nella direzione che sceglierò io” (Marshall McLuhan).

 

Aggiornato il 09 dicembre 2020 alle ore 09:54